Mi rivolgo di nuovo a voi, che siete state in altra occasione di profondo supporto, per porvi una questione che ho fortemente a cuore. Abbiamo un bimbo di quasi 10 mesi, dalla risata contagiosa e sempre aperto al sorriso, verso chiunque, tanto da attirare l'attenzione su di sé quando siamo in giro e da portare molti a chiederci se sia sempre così gioioso. É curioso, sveglio, vivace. Allattato in maniera esclusiva al seno, abituato alla vicinanza fisica. Ora mi chiedo se io sia una "buona madre". Sono stata sin da subito sola a gestire tutto (bimbo, casa, pasti...) e ho sempre cercato - per quanto possibile - di barcamenarmi per fare tutto: passare l'aspirapolvere con lui in braccio, rassettare e/o preparare il sugo approfittando del suo sonno. Ho dovuto ben presto riprendere a lavorare un po' con tanti sensi di colpa. Ad eccezione di alcune volte, ho pensato di essere riuscita a conciliare il tutto senza togliere tempo e attenzioni a lui. Ma ora iniziano a venirmi dei dubbi. Lo vedo che non accetta che mi allontani da lui e urla se mi allontano dal suo campo visivo lasciandolo in braccio al papà (ancora non gattona, ha cominciato in questi giorni a strisciare). E questa "incapacità a starmi lontano", un tempo presente solo la sera, ora c'è in qualunque ora del giorno. In momenti di frustrazione si morde con forza le mani. É un bimbo molto paziente e mi chiedo se forse io stia approfittando un po' troppo di questa sua pazienza portandolo al limite mentre mi dedico alle faccende domestiche. Mi chiedo se io abbia sbagliato tutto. Non ha la paura degli estranei (anzi sorride a chiunque, anche persone viste per la prima volta) e mi chiedo se anche questo possa essere sintomo di un legame di attaccamento non propriamente sicuro. Mi preme davvero sapere se questo suo mordersi con forza le manine e l'incapacità a separarsi da me siano sintomi di qualcosa di "sbagliato" nel legame che ha sviluppato con me e, in tal caso, sapere se ciò è irreparabile e come poter agire su di me per modificare/migliorare, per quanto possibile, il nostro legame, qualunque sia il vostro responso a riguardo.
La tua intensa lettera comunica amore e ansie, due facce della stessa medaglia. Non avendo osservato direttamente il bambino e le dinamiche relazionali e familiari, cerchiamo di cogliere il più possibile da ciò che traspare in quello che scrivi.
Innanzi tutto non possiamo fare altro che darti un responso rassicurante. Hai davanti a te un bambino sano, che risponde bene agli stimoli, che si sta gradualmente adattando all’ambiente e che sperimenta ed esprime le sue prime emozioni. Tra queste (emozioni) vi è sicuramente la paura, in particolar modo il timore di perdere la persona cara, in primo luogo la mamma.
Osserviamo come i bambini che si avvicinano al primo anno di vita piangono nel momento in cui l’adulto di riferimento cambia stanza, uscendo così – anche soltanto per un periodo molto breve – dal loro campo visivo. In questo periodo della crescita la loro mente sta compiendo un’importante maturazione che gli consentirà di interiorizzare un rivoluzionario concetto: le cose e le persone continuano ad esistere anche quando non le vediamo.
A tal proposito, avevo proposto (qui sul blog) l’esperienza di gioco del barattolo che torna indietro. Anche il semplice gioco con la palla è un’esperienza adeguata per questa fase dello sviluppo.
Nei momenti tranquilli puoi iniziare a leggergli alcuni racconti per bambini che, nel loro contenuto, invitano all’immedesimazione e ripercorrono l’esperienza del distacco. Ad esempio Lacrime che volano via (S. de Greef, Babalibri 2009) o I tre piccoli gufi (M. Waddell, P. Benson, Mondadori 2013), due cartonati particolarmente adatti alle letture ad alta voce dedicate ai più piccoli.
Nel momento in cui il bambino inizierà a gattonare sarà in grado di effettuare considerevoli spostamenti in autonomia, sicuramente vorrà seguirti ogni volta che cambi stanza. Se ti sposti all’improvviso, lui verrà dietro i tuoi passi piagnucolando più o meno intensamente a seconda dei momenti della giornata e del suo grado di tollerabilità della situazione di distacco. Quasi come a volerti dire: “dove pensi di andare senza di me?” Tutto ciò che devi fare è rassicurarlo quando te ne vai.
Comunicagli che tornerai presto da lui e accettare, con un atteggiamento sereno, la sua reazione di pianto (sei tu il capitano della nave, hai il dovere di trasmettergli sicurezza anche quando lui pensa di affondare). Prova a gestire questi momenti considerandoli nella loro normalità e naturalezza. Sono parte di un percorso evolutivo nel quale il tuo bimbo è protagonista.

Informalo dei tuoi spostamenti poi lascialo tranquillo fra le braccia di papà (o di chi è con lui) anche se inizia a piangere. Quando fai ritorno da lui dedicagli tempo, coccole e sorrisi. Non dimenticarti mai di dirgli: “Hai visto che la mamma è di nuovo da te, può capitare che debba andare via ma poi torna subito, come adesso”. Abitualo a brevi separazioni, gradualmente più prolungate.
Anche il suo mordersi le mani non appare un comportamento preoccupante, bensì ci comunica una ricerca di conforto; è il suo modo per chiudere il cerchio che è stato aperto dall’ansia da separazione dalla figura con la quale ha formato una relazione di attaccamento. Un comportamento che sparirà certamente nel corso della crescita.
È bello leggere quanta cura e attenzione poni verso l’educazione del tuo bambino, il fatto che non vuoi che nulla sia lasciato al caso, il desiderio di conoscere metodi e studi sull’infanzia allo scopo di offrirgli ciò che è meglio, per far si che possa sviluppare appieno il suo potenziale. Teorie ed esperienze sono importanti ma devi fare attenzione a non perdere mai la naturalezza del rapporto madre-figlio.
Ricorda sempre che la nostra esistenza è legata a quella di un pianeta che per miliardi di anni è cresciuto, si è sviluppato e si è evoluto grazie all’istinto . Il comportamento innato è presente in tutti gli esseri viventi, anche in quelli più razionali. Certo oggi noi esseri umani viviamo in società complesse e abbiamo l’importante compito di guidare e condurre i nostri “cuccioli” nei vari aspetti della vita.
Eppure restiamo convinti che è soprattutto l’istinto a rendere una madre sufficientemente buona per il suo bambino, ovvero un genitore capace di rispondere adeguatamente alle richieste del piccolo senza anticipare o soffocare le sue scoperte, raggiunte anche grazie all’aver potuto vivere e risolvere da sé alcune piccole frustrazioni.