Ci tenevo molto a parlare di questo libro. Di certo i disegni di Keith Haring hanno colorato la mia infanzia. Metthew Burgess racconta la vita di questo straordinario artista ai bambini. Nell’albo poi, l’arte di Keith è reinterpretata dalle illustrazioni di Josh Cochran. Bene. Ora andiamo alla scoperta del grande Keith…

Alla scoperta di un artista che ha colorato gli anni Ottanta

Se dico Keith Haring, cosa vi viene in mente? Certo! Un giovane artista intento a dipingere un flusso di omini stilizzati che, soprattutto negli anni ’80, invase muri, magliette, scarpe, tazze e tanto altro. Gli omini (i “radiant-boys”) e gli altri soggetti della grafica di Keith, hanno avuto il merito di rendere l’arte visuale fruibile a chiunque. Fu proprio questo, del resto, il senso centrale della sua filosofia artistica, sintetizzabile nella definizione di “popular art”, ovvero, mi ripeto, accessibile a tutti. Lui stesso dichiarava: «Mi è sempre più chiaro che l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi».

Una storia purtroppo breve quella di Keith, indiscusso pioniere della street art, eppure così intensa e innovativa da aver lasciato un segno durevole e, per chi vuole ascoltarlo, un forte messaggio. Ripercorrendo la sua biografia e le maggiori notizie che lo riguardano risalta, quale grande merito attribuito all’artista, il fatto di essere sempre rimasto così incredibilmente fedele a se stesso (al suo pensiero e alle sue passioni) nell’arte come nella vita, manifestando una determinazione talmente prorompente da non poter essere ignorata.

Keith e i bambini

Un altro aspetto fondamentale dell’arte di Keith è la capacità di arrivare ai bambini. Il suo segno artistico, spontaneo, immediato; unito all’attenzione posta all’infanzia, hanno sostenuto l’avvicinamento all’arte dei più piccoli, verso i quali si poneva sempre in ascolto.
C’è un Keith bambino che disegna continuamente, sull’onda delle influenze dell’epoca e della passione paterna, poi un Keith ragazzo che lascia la Pennsylvania per esprimere ovunque la sua tensione artistica. Non di rado, durante il suo percorso, fece partecipare i bambini ad alcuni suoi workshop.

Nel luglio del 2016 avevo dedicato uno spazio, qui sul blog, a “Il grande libro delle piccole cose”, un’opera postuma dell’artista, pubblicata da Mondadori nel 2007, che raccoglie un grande albo realizzato da Keith per una bambina di nome Nina, figlia del pittore Francesco Clemente (qui la recensione). Keith voleva trasmettere, a grandi e piccoli, l’idea che la creatività, l’immaginazione e l’arte non avessero confini, così come non li hanno le interpretazioni date dai loro fruitori.

«Si tratta di una sorta di lettura delle immagini del mondo, che poi io condenso e inserisco in una mia personale concezione. I miei disegni comunicano un’idea specifica o generale, ma spesso il contenuto dell’opera è ambiguo e può essere interpretato in diversi modi». (Keith Haring)

Continuare a raccontare la storia di Keith Haring ai bambini resta una grande opportunità per scoprire un’arte che sa essere sia primitiva sia complessa. Ci si immerge tra linee che hanno il potenziale per diventare infinite, ci si perde a osservare soggetti che sembrano dinamici, in azione perpetua, e si vivono i tanti colori che riempiono quegli spazi contornati di nero (con la stessa dedizione che hanno i bambini nelle attività di riempitura).

Dunque, è arrivato il momento di parlarvi di questo recente albo illustrato dedicato all’artista, pubblicato nel mese luglio dalla casa editrice Arka e che fa parte della collana “Perle d’arte” (fascia di età di lettura da 7/8 anni). Si tratta di “Disegnare sui muri. La storia di Keith Haring”, scritto da Matthew Burgess, professore al Brooklyn College, poeta e autore di numerose pubblicazioni e di libri per bambini.

La sfida di “Disegnare sui muri”

Una parentesi. Ho fin qui descritto gli avvenimenti della vita di Keith Haring che potremmo considerare come facilmente raccontabili ai bambini e ai giovani lettori. Eppure sappiamo che la sua biografia è costellata di altri aspetti altrettanto importanti per comprendere l’artista. Un altro lato della medaglia che riguarda argomenti spesso omessi nei libri per l’infanzia. Mi riferisco alla dichiarata omosessualità di Keith e alla morte prematura, avvenuta a soli 31 anni a causa dell’AIDS.

Per questo motivo è facile capire perché la realizzazione dell’albo “Disegnare sui muri. La storia di Keith Haring” sia stata una sfida che l’autore ha affrontato con grande sensibilità e trasparenza. In un’intervista pubblicata nel sito ufficiale, lui stesso ha dichiarato:

«Penso che i bambini traggano beneficio dal vedere persone che amano la vita. Nonostante tutte le difficoltà e le prove che stava affrontando, Keith ha incarnato e trasmesso l’amore per la vita. Una cosa che possiamo fare per i giovani è trovare modi per celebrare la vita e invitarli a unirsi a noi. Non nascondendo la testa sotto la sabbia, ma rimanendo connessi a ciò che rende la vita degna di essere vissuta e ricordando che siamo qui per poco tempo. La linea di Keith, il suo immaginario visivo, vibra costantemente di questa vitalità.»

Emerge quindi la volontà di raccontare la storia di Keith in tutta la sua completezza, senza omissioni, seppur questo potrebbe suscitare opinioni contrarie. Scrive ancora Matthew Burgess nelle note pubblicate al fondo dell’albo: «Ho incontrato dello scetticismo quando ho iniziato a parlare di questa mia idea, soprattutto in relazione all’omosessualità e alla malattia di Keith. Per fortuna io e il mio editore, Claudia Bedrick, eravamo sulla stessa lunghezza d’onda in merito alla necessità di una maggiore apertura nei libri per bambini. E i bambini che hanno a che fare con malattie gravi? Perché non raggiungerli in modo che traggano forza e incoraggiamento dall’esempio eroico di Keith?».

Allora non ci resta che iniziare a sfogliare le pagine dedicate all’artista che amava disegnare sui muri per scoprire come la storia di Keith appaia appassionante, sincera, ricca di colpi di scena, profonda e libera. Leggendo il testo di Matthew Burgess e le colorate tavole di Josh Cochran, illustratore e muralista di Brooklyn con origini californiane e di taiwanesi, nulla, nemmeno l’amore omosessuale, appare scandaloso o non dicibile. Tutto ciò che arriva è la storia di un bambino che adorava disegnare e lo faceva sempre, dovunque, senza mai smettere, nemmeno da grande. Tra le pagine c’è la storia di un ragazzo sincero, emotivo, che amava stare vicino alla gente e che visse intensamente. Nel racconto gli autori non dimenticano di citare uno dei libri che hanno ispirato la formazione di Keith, “The Art Spirit” di Robert Henri: «Qualsiasi cosa tu faccia, falla intensamente. L’artista… abbandona la folla e apre la strada».

Entrando nel cuore dell’albo (è davvero difficile essere sintetici quando si parla di Keith Haring), proprio per omaggiare la vicinanza dell’artista ai bambini, la prima scena del libro è dedicata all’evento avvenuto nell’ottobre 1987, in occasione dell’inaugurazione del Tama City Combined Cultural Center, nel quale Keith Haring condusse un laboratorio di pittura con i bambini tra i 6 e gli 8 anni. Insieme, dipinsero un grosso murale in un’area periferica di Tokyo. Quest’opera è oggi proprietà della Tama City Cultural Foundation.

Si gira pagina e il racconto continua con un flashback che conduce il lettore all’infanzia di Keith, alla sua vita familiare, alla passione condivisa con il padre e con le sorelle, alle creazioni artistiche fatte nel garage, fino al suo primo viaggio, in autobus, nel New Jersey. Poi, i primi lavori per mantenersi, la scuola d’arte (non terminata) e l’arrivo, a vent’anni, a New York. Questo è il momento in cui si entra nel vivo della vita artistica e personale di Keith. Alla scena dedicata alla relazione con il deejay Juan Dubose è rivolto un intenso commento pubblicato dall’autore nel suo profilo Instagram. Lo riporto in conclusione di questo appassionante viaggio nell’arte di Keith: «Una delle mie risposte preferite a “Disegnare sui muri. La storia di Keith Haring” è di Betsy Bird che ha concentrato l’attenzione sull’immagine di Keith e Juan in metropolitana. Questa era la pagina che volevo o avevo bisogno di vedere quando ero un bambino nella cameretta e temevo il peggio. Un abbraccio, una coccola, un piccolo momento privato che significa più di ciò che sembra. Grazie sempre a Josh Cochran per aver realizzato il disegno e per avermelo regalato, così che ora vive con me quotidianamente. E a Enchanted Edition per aver corso rischi importanti e aver creduto nel potere del libro, prima di tutto.»