È una bella giornata quando una famiglia, accompagnata dal fedele cane, organizza una gita per andare alla ricerca di un enorme orso. Un po’ imprudenti e privi di bagaglio, i sei si inoltrano nella campagna. Qui ha inizio la loro avventura ricca di ostacoli e numerose imprese.
L’erba troppo alta di un prato è il primo inconveniente che si trovano ad affrontare. Superato questo, s’imbattono nell’acqua fredda e profonda di un fiume. Poi devono attraversare un manto di viscida melma, un fitto bosco e un’ululante tempesta di neve. In ultimo arrivano davanti a una grotta. A poco a poco, il famigerato animale appare davanti ai loro occhi increduli.
La sola cosa che possono fare adesso è… scappare! Hanno l’orso alle calcagna e devono ripercorrere gli stessi ostacoli dell’andata. Raggiunta la casa chiudono in fretta la porta alle loro spalle mettendosi in salvo. Finalmente sono al sicuro sotto un confortevole piumone. Di andare a caccia dell’orso ora non ci pensano proprio più!

a caccia dell'orso

acquista libro

Sono tanti i motivi che hanno reso “A caccia dell’orso” uno dei racconti per l’infanzia più apprezzati e ricercati degli ultimi anni. We’re Going on a Bear Hunt” esce per la prima volta in Inghilterra nel 1989, arriva poi in Italia nel 2001 e vince, nel 2013, il Premio Andersen come Miglior libro mai premiato.

Il racconto è oggi considerato un classico e un capolavoro della letteratura per l’infanzia ed è amato dai milioni di bambini che hanno avuto la fortuna di ascoltarlo. Generazione dopo generazione, non ci si stanca di leggere questo racconto ben ritmato e tanto ricco di suoni. Solo nella mia esperienza di lavoro nelle strutture dell’infanzia avrò sentito almeno cinque intonazioni diverse del ritornello principale (“A caccia dell’orso andiamo. Di un orso grande e grosso. Ma che bella giornata! Paura non abbiamo“). Talvolta la lettura è narrata, altre volte, invece, è decisamente cantata.

“A caccia dell’orsoè anche il libro delle mille interpretazioni date dai lettori. È quasi impossibile ignorare quelle vocine curiose che ci tormentano mentre lo sfogliamo: “Per quale motivo una famiglia se ne va alla ricerca di un orso? Cosa vogliono comunicare gli autori? Perché ci sono alcune tavole a colori ed altre in bianco e nero?”
Non ci resta che metterle a tacere facendo qualche ricerca su com’è nata questa bellissima storia.

Tutto ha inizio con una canzone popolare scozzese che il poeta Michael Rosen usava recitare nel finale delle sue performance dal vivo. Al termine di uno di questi spettacoli, l’editore della Walker Books gli propose di riscrivere la canzone in modo che diventasse un racconto per bambini. Venne chiesto alla Oxenbury di occuparsi delle illustrazioni e, per nostra fortuna, questa accettò con entusiasmo. Fu lei che definì i personaggi così come li conosciamo oggi.

A caccia dell'Orso

Inizialmente Rosen aveva in mente di mandare un re e una regina alla caccia di un orso giullare. L’illustratrice pensò invece che un gruppo di fratelli avrebbe reso il racconto più reale, facendo quasi credere al piccolo lettore di poter compiere egli stesso quella bizzarra avventura. E poco importa se, in seguito, la maggior parte dei lettori abbia visto in quei personaggi una famiglia composta da mamma, papà, tre figli e un cane!
Ispirandosi ai suoi stessi figli e al suo cane, per la Oxenbury il personaggio più grande non è il padre, bensì il fratello maggiore, mentre gli altri sono tutti dei bambini.

A caccia dell'Orso

Un dettaglio rende unico questo splendido albo illustrato. Si tratta dell’alternarsi di colore e di bianco e nero. Le tavole sono in bianco e nero quando la famiglia incontra un ostacolo. Diventano a colori quando lo attraversano. In un’intervista, Helen Oxenbury racconta di aver pensato di inserire il bianco e nero nei momenti in cui i protagonisti stanno decidendo il da farsi. Il colore esplode quando questi hanno preso una decisione e affrontano la situazione.

Per quanto riguarda il messaggio del racconto, ecco le parole di Rosen:

“A caccia dell’orso non è davvero una caccia all’orso. È improbabile che una famiglia faccia tutte queste cose – sguazzi nel fango, inciampi attraverso le foreste – in un unico giorno. Si tratta del far fronte agli ostacoli della vita, o a quella cosa che in quel momento non si vuole fare, come lavare i piatti, alzarsi durante la notte quando il bambino piange. Si tratta di perseveranza e caparbietà: una saggezza interiore che ci ricorda di andare avanti e di farlo. Cantate a voi stessi: ho avuto modo di passarci attraverso”.

Il racconto è molto ritmato e si legge quasi fosse una filastrocca. Alcune strofe si ripetono a ogni passaggio della storia.

A caccia dell'Orso

Gli incantevoli acquerelli di Helen Oxenbury (vedi anche “Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini”) hanno, come sempre, una forte capacità narrativa ed espressiva. Per l’ultima tavola del libro, quella dov’è raffigurato l’orso che torna indietro amareggiato, La Oxenbury si è ispirata alla postura di un amico che, colpito dalla depressione, camminava con le spalle rivolte verso il basso. Divertenti onomatopee accompagnano il tortuoso tragitto dei protagonisti, affascinando i piccoli lettori che vorranno presto ripetere i suoni:

Svish Svush! E’ il suono prodotto dall’erba frusciante;
Splasch splosh! E’ il rumore dei passi dentro l’acqua;
Squelch squalch! Sono i piedi che si staccano dalla melma;
Scric scroc! E’ il calpestio delle foglie secche nel bosco;
Fiuuuu huuuuu! Ulula e fischia la tempesta di neve;
Brrrrrrr! Rimbomba la paura nella grotta.

A caccia dell'Orso

Dopo la pericolosa avventura intrapresa dalla famiglia, o meglio, dai fratelli, la storia si conclude con un perfetto contenitore emotivo: la propria casa, una zona di confort nella quale trovare riparo; e il piumone, un morbido cantuccio che conforta anche il bambino ascoltatore, il quale, per effetto diegetico, si è sicuramente immedesimato nelle emozioni dei personaggi.

Fonti delle notizie: "The Guardian" e dalle interviste agli autori

Da non perdere “We’re Going on a Bear Hunt” raccontato direttamente da Michael Rosen.