L’importanza della lettura ad alta voce e dell’avvicinamento precoce al libro (emergent literacy) è oggi riconosciuta sia dagli operatori che dalle famiglie. Nell’articolo troverete alcuni consigli di letture per i piccoli.

“Non si nasce con l’istinto della lettura come si nasce con quello di mangiare e bere. Bisogna educare i bambini alla lettura.”

Gianni Rodari

Fin da piccoli la lettura può essere un’attività piacevole, interessante e adeguata. Negli ultimi tempi l’idea di un precoce avvicinamento ai libri, oltre a trovare largo accoglimento da parte degli operatori della prima infanzia, è stata abbracciata anche da molte famiglie e da coloro che si occupano di bambini. Esistono ad oggi numerose ricerche e indagini sull’argomento (gli scritti di Enzo Catarsi e di Rita Valentino Merletti, tra i tanti) alle quali si aggiungono iniziative di promozione alla lettura (come il progetto Nati per leggere). Esperienze che hanno ampiamente dimostrato i vantaggi derivati dall’aver sperimentato l’avvicinamento al libro già durante la primissima infanzia.

L’azione legata al verbo leggere, relativamente all’età prescolare, è da intendersi nel suo senso più ampio.

  • É certamente un’attività propedeutica, preparatrice di ciò che i bambini vivranno negli anni successivi.
  • É la scoperta dell’oggetto libro, un contenitore di esperienze, sorprese e suggestioni.
  • É la rappresentazione fatta tramite le immagini, l’esplorazione della percezione figurativa e simbolica, il riconoscimento dei colori.
  • É la lettura ricevuta per procura da un adulto verso il quale si ripone fiducia.
  • É la richiesta del bambino/a di ascoltare ancora, per l’ennesima volta, la stessa storia, con la volontà di rivivere le emozioni, risentire le parole bizzarre, i suoni buffi e le scene di svolta che hanno sorpreso durante la narrazione.
  • É, infine, il desiderio del bambino/a di afferrare il libro ascoltato, di poterlo sfogliare (con cura, gli dirà l’adulto), per raccontarlo a modo suo, aiutandosi con le immagini.

Leggere ad alta voce

Il libro crea, dunque, i presupposti per la concentrazione, la comprensione e la memorizzazione dei contenuti. L’ampia offerta editoriale consente di selezionare tra moltissime proposte. Ci sono storie che ripercorrono le esperienze tipiche di questa età, offrendo così al bambino la possibilità d’identificarsi, di essere capito ed accolto.
C’è un vivace dibattito che tenta di asserire o meno il fatto che, un racconto rivolto a una specifica tematica, possa essere adottato come rimedio per risolvere determinate tappe critiche dell’età evolutiva, una sorta di “medicina letteraria”. Su questo “compito” dato alle storie, ho cercato di prendere distacco, convinta che gli argomenti dei libri non vadano adottati come soluzioni per risolvere i mali o i malesseri. Trovo che la lettura debba essere piuttosto un luogo speciale e protetto, un’occasione per vivere piacevoli esperienze ed emozioni e un sostegno per introdurre particolari argomenti che desideriamo intraprendere con i bambini ma affrontati in un contesto ludico e intriso di relazione.

A tal proposito, per iniziare da piccolissimi ad amare i libri, vi racconto cinque albi illustrati per bambini, tra quelli più amati.

Il ciuccio più famoso al mondo è certamente quello di Nina

Ogni bambino che usa il ciuccio si trova, prima o poi, ad affrontare la richiesta dei grandi di sbarazzarsene.
Ma è davvero necessario? Secondo la piccola Nina non lo è, almeno durante il dialogo con la mamma. La bambina è convinta che il ciuccio potrà stare con lei anche quando sarà grande, andrà a lavorare e si sposerà. Poi, durante una passeggiata nel bosco, incontra il lupo, proprio quello delle fiabe, affamato e arrabbiato. Per calmarlo Nina, prende il suo ciuccio e gli tappa la bocca. L’animale si trasforma improvvisamente in un cucciolo mansueto. Quando Nina torna dalla mamma si accorge di aver finalmente abbandonato il suo caro ciuccio.

Il ciuccio di Ninaè un racconto scritto da Christine Naumann-Villemin e illustrato da Marianne Barcilon, ed è tra più noti e apprezzati dai piccoli lettori per almeno due aspetti. Il primo riguarda la possibilità di immedesimarsi nella protagonista che si oppone alla continua richiesta di sbarazzarsi del suo amato ciuccio. Il secondo è la presenza (improvvisa) del lupo, l’archetipo avversario che ancora oggi riesce a coinvolgere e incuriosire i bambini. Ascoltando l’avventura di Nina, i bambini attendono con impazienza proprio la scena in cui il lupo si arrabbia e apre l’enorme bocca, facendo volare all’indietro i capelli della bambina. I bambini ripetono il verso insieme al lettore ad alta voce, come per scaricare la tensione narrativa creata da questo epico momento della narrazione.

Tra le interpretazioni dei bambini durante la lettura, mi è capitato che fosse da loro fraintesa la scena in cui Nina immagina se stessa accanto al suo sposo. I piccoli lettori hanno indicato l’uomo come se si trattasse di un “papà” anziché del futuro marito della protagonista. Certo è che i bambini di questa età riportano ciò che ascoltano alla loro realtà vissuta. Un racconto quindi decisamente amato e tra i più letti sull’argomento del graduale abbandono del ciuccio. La lettura animata è divertente e suggerita dallo stesso testo. Nina si esprime con il ciuccio in bocca pronunciando, per questo motivo, le parole in modo buffo. Ovviamente il lettore ad alta voce è tenuto a pronunciarle come se avesse anche lui un ciuccio in bocca: LAFFIAMI FTARE!

Papà, papà, c’è un mostro nel mio letto!

“Papà, papà, c’è un mostro nel mio letto!” – grida il bambino che, svegliatosi improvvisamente, vede un piccolo drago vicino a lui. Il papà e la mamma lo consolano: è stato solo un brutto sogno. Il bambino si riaddormenta tranquillo. Succede però che s’invertono i ruoli. A spaventarsi questa volta è un altro bambino, il mostro-draghetto e si ricomincia: -“Papà, papà, c’è un mostro nel mio letto!”. Papà e mamma drago corrono, a loro volta, a consolare il loro piccolo. Insomma, è notte e bisogna dormire! La storia si risolve con il bambino e il draghetto che si addormentano insieme.

“Papà!” di Philippe Corentin, è un racconto coinvolgente, sia per l’inatteso doppio punto di vista, sia per le grida del bambino e del draghetto che, spaventati, chiamano il loro papà. Durante le letture ad alta voce i bambini ripetono le parole, talvolta anticipandone la scena che sta arrivando. Una storia sull’immaginazione notturna dove il mostro è in realtà anch’esso un bambino, con le stesse identiche paure. Il finale è un po’ veloce, sbrigativo ma, nel complesso è un racconto ben compreso dai piccolissimi.

I significati di piccolo blu e piccolo giallo

Sareste in grado di raccontare attraverso poche macchie di colore la storia di un’amicizia tra bambini? Magari fornendo anche le prime indicazioni sulla teoria dei colori? É ciò che ha fatto l’illustratore Leo Lionni (Amsterdam, 1910 – Radda in Chianti, 1999), con il famoso albo “Piccolo Blu e piccolo Giallo”, un classico della letteratura per l’infanzia.

Un libro che colpisce per la semplicità del messaggio trasmesso. Dopo la lettura ad alta voce il racconto offre diversi spunti per il gioco e le attività. Per le attività di manipolazione si possono, ad esempio, ricreare i protagonisti del racconto con il pongo. Le forme rotonde sono semplici e immediate, i bambini possono così sperimentare i passaggi presentati dalla narrazione e approcciarsi alla teoria dei colori suggerita dall’autore. Per i laboratori grafico-pittorici si possono invece riproporre i colori di “Piccolo blu e piccolo giallo” attraverso il disegno e la pittura.

Philippe Corentin scrive il Patatrac dell’amicizia

Un lupo dall’aspetto terribile avanza nel bosco. Appare cattivo e affamato. Al suo passaggio una tribù di coniglietti scappa e si nasconde dietro ad alberi e cespugli. Si prendono gioco di lui facendolo inciampare su una carota e poi ruzzolare in terra. Patatrac è proprio il frastuono provocato dal lupo quando cade al suolo. Lo spaventoso animale, sempre più arrabbiato, va cercarli nella loro tana. Qui i conigli sono nascosti ovunque: dietro le porte, sotto il letto, accanto ai mobili. Eppure… “Dove sono finiti? É possibile che hanno tutti paura e che non ci sia proprio nessuno che voglia giocare con me?”, pensa il lupo. Poi il colpo di scena. I dispettosi animaletti bianchi non stavano fuggendo perché impauriti. C’è una magnifica festa a sorpresa ad attenderlo per il suo compleanno.

Quanti di voi sono cresciuti con le intimidazioni del tipo: Non andare lì che c’è il lupo, non fare così se no il lupo ti mangia…”. Ecco, quel lupo doveva avere all’incirca il temibile aspetto di questo descritto da Philippe Corentin. Un lupo spaventoso che va alla ricerca di teneri e coniglietti. Per farci cosa poi? Per vendicarsi per essersi presi gioco di lui facendolo cadere in quel modo? Per mangiarseli?

Solo al termine del racconto scopriamo come a questo lupo cattivo, personaggio tipico delle favole, viene data l’inattesa possibilità di essere un animale innocuo. Ai bambini piace credere che il lupo sia un personaggio spaventoso. Un fascino che, quando è circoscritto al contesto narrativo, non diventa minaccia e non crea turbamento. I piccoli lettori s’identificano nel personaggio buono in lotta contro quello cattivo, così come accade al pubblico adulto. Patatrac stravolge invece la figura del lupo. Corentin è un autore abile in questo. Una storia che i bambini ascoltano volentieri. Ridono quando il lupo cade per terra (l’adulto che legge può calcare l’accento sul suono “patatrac”) e sono attenti a individuare i coniglietti nascosti. Un racconto di amicizia tra esseri differenti, che vuole superare pregiudizi e stereotipi, anche sull’immagine del lupo cattivo delle favole.

Un nido per schiudere le differenze

In un piccolo nido riposano tre uova in attesa di schiudersi. Sono tutte diverse fra di loro. Una è nera, la seconda è bianca e la terza, invece, ha il guscio che presenta delle macchie. Le prime uova a schiudersi sono quella nera e quella bianca. Gli uccellini, appena nati, osservano ora l’uovo con le macchie, rimasto ancora chiuso. Pensano che non gli piace proprio e, per dispetto, lo buttano giù dal nido. Malauguratamente cadono anche loro dal nido. Tutti e tre finiscono dritti nello stagno. Qui, i due uccellini si accorgono di non saper nuotare.
Nonostante il terribile dispetto ricevuto, l’ovetto a macchie giunge in soccorso dei suoi fratelli. Dopo diverse peripezie e ostacoli li riporta sani e salvi al loro nido. L’uccellino bianco e quello nero sono ora pentiti di aver inizialmente cacciato via il loro fratellino e sono finalmente felici di essere tutti e tre ancora insieme.

Il racconto di Éric Battut è diventato talmente famoso da essere tra i primi citati se si vuole parlare di albi illustrati che si occupano di diversità. Un intreccio narrativo semplice e adatto ad introdurre ai lettori più piccoli l’ampio e complesso tema della diversità e della tolleranza. Attraverso l’avventura dei tre uccellini i bambini sono testimoni di come il pregiudizio possa creare danni e quanto il giudicare dalle apparenze, rappresenti un ostacolo alla conoscenza profonda dell’altro. Il sostegno alla riflessione interculturale è evidente. Diventa fondamentale per creare le basi di una società sempre più capace di considerare le diversità quale valore aggiunto. I due uccellini che si considerano “normali” comprendono a loro spese quanto abbiamo errato nella valutazione del terzo. La loro avventura corrisponde dunque al percorso di crescita e di maturazione.

Il libro è di piccolo formato ed è cartonato, adatto quindi alle primissime letture. Una storia particolarmente adatta ad essere utilizzata nei progetti educativi e nei laboratori di pittura per bambini piccoli. Le uova come segno di rinascita (e in questo caso si tratta di una rinascita morale) rendono questo libro un possibile soggetto per le letture sotto il periodo della Pasqua. Un’idea divertente è quella di dipingere le uova del nido per riproporre la narrazione dell’autore francese.