Sarà che sono arrivata agli ultimi giorni di fatiche prima della pausa estiva (non me ne vogliate se mi attendono ben due mesi di tregua) ma ieri non ne potevo proprio più “dell’industria a produzione continua di disordine” messa in atto dai miei figli. Così, come succede in questi casi, li ho portati a liberare il loro estro di bambini all’aria aperta. Abbiamo preparato gli zaini, ci siamo infilati in macchina e siamo arrivati al lido di Arona, sul lago Maggiore. Un luogo dove poter giocare liberamente immersi nella natura.
Lungo la strada, mentre guidavo, riflettevo sul racconto di Nadia Al Omari intitolato “L’ospite”. Ripensavo alle suggestioni proposte dal libro in merito al tema del rapporto con l’altro. Nel presentarlo, l’editore cita il pensiero di Antoine de Saint-Exupéry sull’importanza di non dimenticare il nostro essere stati bambini. É forse proprio intorno al suggerimento di conservare il nostro bambino interiore (il noi stessi da piccoli) che ruoterebbe il significato del racconto?
Procediamo per gradi. L’albo è accompagnato dalle tavole dell’artista peruviano Richolly Rosazza, che conta ormai diversi lavori nei quali ha interpretato le parole Nadia Al Omari. L’illustratore sceglie di ambientare la vicenda in un paesaggio fantastico, extraterrestre: il piccolo ospite sembra arrivare da una nave spaziale e i personaggi hanno un aspetto surreale. Una rappresentazione artistica che tiene il lettore ancorato alla dimensione fantastica, così da dimenticarsi di attribuire al racconto collegamenti troppo rigidi a situazioni vissute nella realtà. In questo modo emergono gli aspetti emotivi, più filosofici e quei passaggi di maturazione interiore che avvengono gradualmente nei personaggi.
Sentiamo spesso affermare che i libri di qualità abbiano diversi livelli di lettura e che siano capaci di parlare non solo ai bambini, ma anche ai grandi. Per diversi motivi è facile che, leggendo “L’ospite”, il lettore adulto si senta in forte connessione con il protagonista. Può trattarsi di un genitore nel rapporto con i figli, di una persona solitaria che si trova a convivere con un parente o un amico, di qualcuno che ha sperimentato un rapporto invadente… Ci si potrebbe chiedere al termine della lettura: Quanto siamo disposti a condividere il tempo e gli spazi con gli altri?



La vicenda è raccontata dalla voce e dal punto di vista del protagonista. Il linguaggio è intimo, legato alle sue emozioni e i suoi stati d’animo. Questo si presenta come uno strano individuo, giovanile e dal corpo cosparso di peli-foglia. É simile agli adulti, anche se in alcune parti della narrazione sembra più che altro un “bambino grande”: non è specificato che gli impegni fuori casa siano lavorativi e lo troviamo intento a riordinare i suoi giochi. É abituato a condurre le giornate in maniera routinaria e ama riposarsi nella solitudine della sua casa. A rompere la quiete si ritrova, suo malgrado, a vivere un incontro inaspettato e invadente. Avete presente le volte in cui state pensando: “oh, finalmente un momento tutto per me a casa, da solo” e all’improvviso qualcuno suona alla porta? Ecco. É proprio ciò che accade al protagonista.
Quel giorno si presenta una piccola creatura davanti alla sua casa e, come se fosse la cosa più normale al mondo, gli chiede ospitalità. Ora il protagonista sembra pensare: “ma chi ti conosce?” e quindi rifiuta l’intrusione. Tutto inutile, quel piccolo essere si piazza nei suoi spazi e nella sua vita, senza considerare nessun’altra alternativa. Tormentato dalla sua presenza, il protagonista si trova infine a rinunciare alla sua ostilità e prova ad accoglierlo in casa.


L’ospite appare come un bambino piccolo: tenero, innocente e ingenuo. Proprio come un bambino, un volta dentro l’abitazione inizia a giocare con tutto ciò che trova. Combina un gran disordine e fa quindi disperare e arrabbiare il padrone di casa. Quando il piccolo ospite si addormenta, il tizio protagonista, poco per volta, inizia a rimettere tutto a posto. Mentre riordina scorge le sue vecchie biglie tra le cose gettate per terra: sono quelle con cui giocava quando era piccolo e che non ricordava nemmeno di avere! Un ritrovamento che innesca in lui una profonda riflessione. Ora è pronto ad accogliere quel piccolo ospite, certamente non perfetto ma sicuramente capace di arricchire le sue giornate. Viene da pensare che non sia stato il caso a portarlo lì.
Il racconto è stato pubblicato nel 2020, anno cardine delle chiusure, del distanziamento, delle relazioni virtuali, dello sguardo sospettoso verso gli altri e dell’attuale condizione di annichilimento sociale. Questo può avere forse ispirato il tema del libro?
Forse. Ma è comunque un libro per bambini, destinato a loro. Un libro rivolto a una fascia di età in cui ancora, le sfumature dei rapporti sociali, non sono così sentite. Quindi l’ho riletto daccapo, questa volta interpellando la mia bambina interiore. Osservando l’espressione infantile del piccolo ospite, mi sono rivista mentre riprendevo i miei figli che, nella foga di disegnare con le matite colorate, avevano sparso dappertutto gli scarti del temperino. Ho compreso di essere piovuta come una pioggia a ciel sereno in un momento in cui la loro mente era rivolta ai pensieri più fantastici. Dunque ho capito: i bambini, durante la lettura, non si immedesimano affatto con il tizio dai peli-foglia sulle braccia. Loro seguono di certo i sentimenti e gli umori del piccolo, innocuo, ospite!