Questo pomeriggio, dopo la scuola, ci siamo presi un po’ di tempo per andare in biblioteca, cogliendo l’occasione di far partecipare Claudio a un concorso della tipologia “buon lettore”. Confesso che non ci andiamo spesso, vuoi per i vari traslochi di questi anni, per le chiusure e per la mancanza di tempo. Avete presente quelle cose che vorresti sempre fare ma non ci riesci? Comunque abbiamo scelto due fantastici illustrati da leggere al parco.
“Il richiamo della palude”, Davide Calì, Marco Somà, Kite Edizioni 2016
Questo è il primo dei due libri presi in prestito da Claudio nella biblioteca del paese. Sono certa che tutti coloro che hanno familiarità con gli albi per bambini hanno sentito parlare del racconto, vincitore, nel 2017, del 2° Premio del Concorso Internazionale Sharjah Children’s Reading Festival per le illustrazioni realizzate da Marco Somà. Ad oggi, non avevo ancora avuto modo di leggerne il contenuto anche se da tempo ammiravo il libro attraverso alcune presentazioni dedicate. Il talento di Marco Somà duetta con l’originale stile narrativo di Davide Calì, eclettico autore particolarmente attivo, tra Italia e Francia, nel panorama dell’editoria per l’infanzia.
La fiaba del piccolo Boris, oggi alla terza ristampa, ha tutte le caratteristiche per diventare uno di quei racconti immortali, senza tempo. Mentre Claudio, mio figlio, leggeva ad alta voce, io riflettevo su quanto, il voler incasellare il contenuto di un racconto sotto un’etichetta/argomento, possa essere fuorviante. Dire che le pagine de “Il richiamo della palude” siano dedicate al tema dell’adozione è alquanto riduttivo. Questa, l’adozione di Boris da parte di una coppia che non riesce ad avere figli, sembra piuttosto il pretesto per sviluppare il percorso introspettivo del protagonista, la ricerca (che accomuna molti di noi) della propria identità e del luogo che più ci rende felici o in pace con noi stessi.




Boris è una creatura fantastica, mitologica. Non si sa bene da dove sia spuntato fuori. É probabile che sia figlio della palude stessa, di quel luogo nel quale, un uomo e una donna affranti dal non riuscire a concepire un bambino, lo trovano, decidono di prendersene cura e di amarlo incondizionatamente. Ho chiesto a Claudio e Fabio cosa, del racconto, li avesse maggiormente colpiti. Hanno risposto: il suo essere un po’ umano e un po’ anfibio. Poi hanno iniziato la loro dialettica intorno alle sue straordinarie e affascinanti caratteristiche. Ad esempio riguardo al come potesse respirare, se avesse la necessità di bagnare costantemente la pelle e a qualcos’altro in merito alle citate branchie. Le loro conversazioni mi hanno nuovamente confermato quanto non si dovrebbe giudicare un racconto dalla nostra volontà di ritrovare riscritta, il più “pari pari” possibile, l’esperienza personale. Le fiabe regalano numerose suggestioni, possibilità di immedesimazione, di riflessione, d’incanto e, soprattutto, di aprire la mente a nuove forme di pensiero.
Boris è un bambino che vive un’infanzia normalmente felice, in un ambiente che l’ha cullato, sostenuto e guidato. Ma quel che sente dentro, il richiamo delle sue origini, è ciò che inizia il suo percorso introspettivo. Eppure, quando torna là dove tutto è cominciato, si accorge di non essere più una creatura della palude o, piuttosto, di non essere più soltanto quello. Le infinite strade che la vita stessa ci pone davanti, portano a un’inevitabile contaminazione che influenza il nostro esistere. Le origini si fondono con le esperienze, arricchendo quella che è la nostra esistenza, sempre e comunque “straordinaria”.
Post scriptum. In occasione della terza ristampa, Marco Somà rivela aneddoti e ispirazioni intorno al libro. Vi invito a scoprirle sul suo profilo Instagram. Ad esempio, l’aspetto di Boris è quello della salamandra neotenica del lago Xolchimilco (Città del Messico), l’axolotl.
Poi abbiamo letto…
“Il sentiero”, Marianne Dubuc, Orecchio Acerbo 2018
Un’autrice che amo particolarmente per la sua infinita capacità inventiva, qui alle prese con un racconto introspettivo sulla “circolarità” della vita. “Il sentiero” ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il premio Nati per Leggere 2019- sezione Nascere con i libri (3-6 anni). Le riempiture tenui delle illustrazioni, la simpatia trasmessa dai volti dei personaggi e le minuziose didascalie degli oggetti raffigurati sono i punti di forza dei racconti della canadese Marianne Dubuc. La narrazione de “Il sentiero” è piuttosto lunga, ben 76 pagine, ma sviluppata con frasi brevi.
La protagonista è un’anziana signora che ama fare trekking percorrendo un sentiero che va dalla sua abitazione fino alla cima della montagna. Marianne Dubuc dedica questo racconto alla sua nonna che viveva a Mont-Saint-Hilaire nella regione di Montérégie in Canada, con la quale da bambina trascorreva il fine settimana camminando e conversando nella natura. Attraverso il libro vuole mantenere il ricordo della nonna e ringraziarla per tutto ciò che ha fatto per lei.




Il tragitto lungo il sentiero è un’esperienza arricchente a stretto contatto con la natura e con i suoi abitanti. La signora Tasso ha molta esperienza e conosce bene quei luoghi percorsi ormai chissà quante volte. Quel giorno, un giovane gatto di nome Lulù chiede di potersi unire a lei, interessato ad arrivare fino all’alta montagna. Durante il cammino la signora Tasso insegnerà molte cose al curioso amico. Lo vedremo maturare e diventare sempre più esperto, man mano che si avvicinano alla cima. Quel sentiero rappresenterà per Lulù un prezioso percorso di iniziazione con tanto di passaggio di consegna.
Approfondimenti: Davide Calì e le sue storie fuori dalle righe", di Oriana Picceni, in Style piccoli de Il Corriere della sera, 16 giugno 2020 Festival della letteratura per ragazzi 2021 - Marco Somà Le chemin de la montagne, l'Heure du conte avec Marianne Dubuc