Ogni sera, la solita fatica per convincere i miei figli ad andare a letto. Hanno ormai quattordici anni in due, eppure mi scappa ancora di dirgli la parola nanna, anche se ora, più che altro, gliela dico in tono isterico: “Ma insomma, andate a fare la NANNA!”. Nanna è una di quelle parole soffici che è lecito usare solo se si è piccoli o se, come me, si continua ad avere a che fare con persone da 0 a 3 anni. Insomma, io ho l’alibi della professione. Nanna è voce del linguaggio infantile, come si legge sulla Treccani.

L’abbraccio della nanna

Nanna è proprio una parola che sa di abbraccio, anzi, che sa di braccia. Braccia nelle quali abbandonarsi. Ci si addormenta ninnati dal respiro e dal contatto pelle a pelle, in un luogo dove si vorrebbe restare il più a lungo possibile. Capita ai bambini di ritrovarsi, una volta svegli, lontani da quelle braccia che avevano rassicurato il loro sonno. In una culla, ad esempio. Quando aprono gli occhi hanno l’aria disorientata, come avranno fatto a finire lì?

Proprio lo smarrimento del risveglio diventa il punto di partenza sul quale si sviluppa il nuovo racconto di Roberto Grassilli, autore riminese di cui ho scritto in occasione del libro “La realtà diminuita“. Unendo narrazione, fotografia e disegno, l’albo stimola nuovi e sorprendenti punti di vista e un rinnovato sguardo sulle cose abituali.

A poche ore dall’uscita in libreria, sono felice di scrivere di questo ultimo lavoro rivolto ai bambini più piccoli, al loro pensiero fantastico e alle suggestioni che ruotano intorno al momento della nanna. Non è semplice soddisfare le esigenze dei lettori sotto i 3/4 anni. I racconti riescono a coinvolgerli se realizzano un certo, inaspettato, stupore. Se presentano la loro quotidianità in maniera stupefacente, non banale né pedante. Se sviluppano la trama in paragrafi semplici e non troppo lunghi. I bambini piccoli hanno davvero fretta di voltare pagina.

Nonostante la semplicità sopra citata, quando sembra che le parole e la punteggiatura siano appoggiate con cura sopra il foglio (mi è tornata alla mente una celebre frase di Oscar Wilde) e quando il mondo fantastico narrato accorre ad arricchire il pensiero dei bambini e il loro emergente appetito letterario, ecco che abbiamo davanti a noi un capolavoro. È il caso de “La polizia della nanna”, storia arguta per bambini che immaginano risvolti diversi da quelli noti.

Ecco svelata la storia

Un bambino come tanti che si chiama Enzo, si addormenta, sempre come tanti, sereno tra le braccia della sua mamma. Ma accidenti al risveglio! Non è più lì dove “s’era lasciato” e non se ne capacita. Chi è stato a spostarlo e a portarlo in quell’altro posto? É ancora notte fonda quando sente echeggiare un rumore di sirene.

Dal corridoio entra in scena una schiera di piccoli poliziotti. Questi, facendo ordine fra i dormienti, agiscono alla stregua di “Quella macchina qua devi metterla là/Quella macchina là devi metterla qua“, dei tempi che furono (per chi se la ricorda). Spostano tutti gli abitanti della casa perché, a detta loro, si sono assopiti nel posto sbagliato. Il papà sul divano, la mamma sulla panca, il cane sopra il lettone e il gatto nella culla. Enzo osserva l’indaffarato blitz poliziesco mentre è nascosto dentro una cesta. Poi viene scoperto. Tutta colpa del suo animo fanciullesco: la vettura in miniatura della polizia è decisamente irresistibile (ne vorrei una anche io!).

La missione dei paffuti gendarmi è compiuta. Non c’è nessuno da arrestare. Dormono tutti beati, uno accanto all’altro, nell’accogliente lettone. Questi poliziotti devono sicuramente essere fan del co-sleeping.

Ho lavorato tutta la mattina alla bozza di uno dei miei poemi, e ho tolto una virgola. Al pomeriggio l’ho rimessa.

Oscar Wilde