Quei quattro ragazzi con l’aria prepotente sono “quelli che decidono”. Gli altri cinque dall’aspetto tranquillo sono “quelli che non decidono mai”. “Quelli che decidono” irrompono quotidianamente nelle attività degli altri: li disturbano, li cacciano e distruggono le loro cose. “Quelli che non decidono” si adattano e, alla meno peggio, vanno via. Un pomeriggio, un nuovo gruppo di “quelli che non decidono” si unisce al primo per giocare a palla. Come sempre, arrivano i quattro bulli a rovinare l’atmosfera. Mettono tutti gli altri seduti in panchina, devono giocare solo loro. Ma si accorgono presto che in quattro, creare due squadre, beh, è praticamente impossibile. Così obbligano gli altri a tornare a giocare “per” loro. Ma cosa succede?
Il folto gruppo di “quelli che non decidono” si arma di coraggio e dice unanime: No, non vogliamo! Finalmente si ribaltano le parti fra quelli che decidono e quelli che non decidono.

Quanto vorremmo che i nostri figli non fossero mai come i ragazzi della banda “quelli che decidono” e nemmeno che avessero a che fare con dei tipi come loro. Qual è il confine tra i fenomeni di bullismo e le normali dinamiche tra pari? Una domanda a cui è davvero difficile rispondere dal momento che episodi come quelli raccontati in questo illustrato s’insinuano nel quotidiano, in modo non sempre palese. Se osservo i “quelli che non decidono” di Lisen Adbåge, mi accorgo come questi ragazzi sappiano giocare, stare insieme, abbiano l’aria spensierata e siano creativi, molto più degli altri. In poche parole: sanno essere bambini. Certo, potrebbero litigare fra di loro, avere idee diverse, non andare sempre d’accordo, farsi i musi lunghi, ma il bullismo è ben diverso.

Quel confine è stabilito dal come ci si sente di fronte a qualcosa che non si sa spiegare ma piomba in maniera molesta. Quando si è vittime di una forma di violenza, per quanto sottile essa sia, non ci si sente liberi di esprimersi né di agire. Si è in una relazione in cui qualcuno domina qualcun altro e si percepisce il bisogno di andarsene. Il significativo racconto di Lisen Adbåge rende leggibili queste dinamiche, rappresentando una situazione scolastica che potrebbe essere più comune del previsto.
Durante la lettura, il potere dato alla frase “Coloro che decidono” aumenta nel lettore il desiderio di ribaltare la situazione, attraverso una piccola ma significativa parola: “No”! Saper dire di no, per quanto difficile possa essere, è il caldo suggerimento dell’autrice.


Un libro illustrato per raccontare ai ragazzi come può essere il bullismo, senza mai usare toni forti o pedanti. Una lettura volta ad empatizzare con l’atteggiamento genuino e sincero dei non bulli, con la loro capacità di aggregazione, di essere amici, di giocare in maniera sana e di divertirsi.

“In cortile, quelli che comandano decidono chi può giocare e chi no. Noi non possiamo decidere mai.”

L. A.

“Qui comandiamo noi!” è il nuovo titolo della collana Orango Rosa che prosegue nel divulgare ai giovani lettori le importanti tematiche della loro società.