Qualche sera fa ho ricevuto la telefonata da parte di un caro amico. Danilo è tra quelle persone che seppur non senti o vedi per diverso tempo non cambia assolutamente nulla. Nel momento in cui ci si ritrova, si ha come l’impressione che non sia trascorso nemmeno un giorno dall’ultima volta. Siamo amici dall’alba dei tempi, da quando mi passava a prendere sotto casa in un qualunque noioso sabato pomeriggio nella provincia di Torino. Era capace di esordire con proposte improvvisate del tipo: “Che facciamo, andiamo ad Aosta?”. E un’ora dopo ci trovavamo nella città ad alta quota con un abbigliamento completamente inadatto alle condizioni climatiche del luogo. Ma a chi importava! Avevamo vent’anni e nonostante i piedi congelati, ridevamo come matti.

Danilo è una di quelle persone che te le tieni strette soprattutto perché ti fanno venire il buon umore. A causa sua, per il troppo ridere, ho provato dei gran dolori alle mascelle. Ogni volta ero costretta a dirgli: “Basta, non ce la faccio più, mi esplode la faccia”. Ho conservato negli anni un ristretto gruppetto di amici di Torino che rappresentano oggi il mio legame con il passato. A quei tempi Danilo guidava una tamarrissima Opel Tigra mentre io avevo una Fiat Punto grigia, di centesima mano.

Sempre in quegli anni seguivo la passione per la lingua francese, ragion per cui, oltre a Torino, coltivavo amicizie con i coetanei d’oltralpe. Ci fu un ragazzo di Lione che durante una chiacchierata mi disse: “In Italia i giovani sono troppo fissati con le auto, qui non ci interessano molto, servono solo per spostarsi”. In effetti avevo notato una qualche differenza. Almeno allora, i ragazzi francesi giravano con vecchie Peugeot mentre quelli italiani ambivano presto ad avere un’auto nuova di pacca da sfoggiare nella compagnia. I primi stipendi guadagnati finivano spesso in tasca alla concessionaria.

Dunque, tornando a qualche sera fa, io e Danilo ce la ridevamo al telefono nonostante le interferenze dei figli di entrambi (hanno sempre molto da dire quando sei impegnato in una conversazione). Mi stava raccontando che la sua auto lo aveva completamente abbandonato. Grazie all’attitudine alla parsimonia della moglie (che non è italiana, ça va sans dire), aveva appena acquistato, in sofferta sostituzione, una Punto… Usata.
– “Ester, sono l’unico pirla che ha fatto il percorso inverso, dalle stelle alla Punto”, affermava con l’accento torinese che soltanto a sentirlo è per me un po’ come tornare a casa.
– “Va beh, Dani, che te frega. Alla fine ti serve solo per spostarti!”.
– “Ma sì, sai che c’è? Chi se ne frega davvero. Sono solo cose e non è che ci si può fare il mazzo solo per comprare cose”. Qui è iniziato quel profondo discorso sul senso della vita che un po’ tutti, superati i quaranta, sono portati a fare.

Toh! Il giorno seguente apro la posta sul pc. Ma guarda un po’ la novità che mi arriva dall’editore: Top car. L’oggetto del desiderio. Talvolta ho davvero una forte impressione che nulla accada per caso. La casa editrice Kite ha appena pubblicato il racconto di Davide Calì, autore che sta scrivendo più libri di quelli che erano i chilometri conteggiati sulla mia prima Punto grigia. L’albo è illustrato dal francese Sébastien Mourrain, già presente sul blog con la commovente storia di Bigoudì, scritta da Delphine Perret. La prima edizione del libro dedicato all’oggetto del desiderio è fancese, del 2018, ed è stata pubblicata da Les Éditions des Éléphants.

Une histoire qui fait rire mais aussi réfléchir. Ne sommes-nous tous pas un peu comme Jacques, à vouloir toujours posséder plus de choses ? – J’AIME LIRE

Un mal de notre société brillamment abordé par Davide Cali qui […] toujours se fait accompagner d’illustrateurs de talent. – LIBBYLIT

Critique joyeuse de la société de consommation, et plus encore, de l’asservissement aux objets, la chute du livre est délectable. – ACTUALITTE

Dal sito dell’editore Les Éditions des Éléphants

Nella citazione ho riportato alcuni dei commenti che tracciano, con poche parole, il soggetto del libro. Il protagonista è Jacques, un qualunque Jacques mi verrebbe da dire. La sua auto ha la sola qualità di essere utile allo scopo per la quale è stata prodotta. Jacques la possiede da parecchi anni.

Accade che, probabilmente senza che se ne potesse accorgere, un manifesto pubblicitario entra chiassoso nei suoi pensieri dando inizio alle dinamiche che ruotano intorno al desiderio. Si tratta della réclame di un’auto strepitosa, la numero 1 delle auto, la VENUS. Insomma, uno di quei veicoli di cui vantarsi e sfoggiare per fare bella figura sulle ragazze. Jacques sente in modo pressante il diritto di possedere anch’egli un’auto di tal gamma. Non pensa più a nient’altro, deve assolutamente averla. Ma una cifra a tanti nove non è per nulla semplice da raggiungere, soprattutto per chi vive di solo stipendio. In questa parte del racconto, le congetture dell’uomo sono illustrate all’interno di fumetti e sono espresse in maniera altamente esilarante. Il protagonista immagina ogni strategia, più o meno legale, per poter ottenere quella somma. Purtroppo, nessuna delle idee trovate sembra essere priva di rischi o ostacoli.

Poi succede, arriva la sua occasione. Durante una passeggiata qualunque, legge questo annuncio sopra un cartello: “Guadagno facile a casa tua”. Senza indugiare, bussa alla porta e accetta il lavoro extra che gli viene proposto dall’uomo seduto dietro alla scrivania. Sembrerebbe proprio uno di quegli impieghi che hanno in serbo una gran fregatura, invece, gli autori danno al protagonista la possibilità di potersi realmente guadagnare la cifra che gli occorre per appagare il suo desiderio. Ma quale sarà il vero prezzo da pagare?

Attraverso la storia di Jacques, gli autori descrivono una circostanza molto comune all’uomo moderno, lo fanno senza pretese moralistiche. Raccontano gli episodi così come farebbe un buon osservatore. L’influenza che arriva dai messaggi pubblicitari, spesso assillanti, può facilmente trasformare un desiderio in un’ossessione. Ad essere “tormentati” dal marketing s’inizia molto presto. Ricordo quando mio figlio, durante la pubblicità trasmessa in mezzo ai cartoni animati, aveva detto così tante volte la parola “lo compro” che ho pensato volesse farsi assumere a Wall Street. L’ho immediatamente portato a giocare all’aria aperta.

Leggi la storia di Jacques ai tuoi bambini, è straordinaria.