Se cercate un libro capace di farvi vivere, in poche ore, presente e passato, vi consiglio di leggere Il filo della speranza, scritto da Guia Risari. I ricordi di Vita, la protagonista, irrompono in quel presente intriso di solitudine che ha portato tutti noi a vivere i giorni di reclusione obbligata, durante il periodo di proclamata pandemia. Il passato riporta all’inizio degli anni ’70. A quei tempi un gruppo di donne ricamatrici di Santa Caterina Villarmosa (CT) alzò la testa per ribellarsi al consueto sistema di sfruttamento del lavoro. La resistenza e il grande coraggio di queste donne portò all’approvazione della legge che regolamenta tutt’oggi il lavoro a domicilio. Seguitemi alla scoperta del libro.
Leggere è stringere un legame con il libro
Un tè caldo. Raggiungo l’ultima pagina, la centoventesima, del nuovo romanzo di Guia Risari (Settenove edizioni 2021). E questo “Non è poco” (chi leggerà il libro capirà perché questa frase ha motivo di star qui). Il tempo lo sappiamo, come sempre, è tiranno. Il fatto di dedicarmi con più frequenza agli albi illustrati, quelli che hanno il testo pressoché breve per intenderci, è per certi aspetti più semplice. Eppure, ogni volta che mi fiondo sulla narrativa, capisco quanto, quel tempo maggiore necessario alla lettura, non sia affatto perso. Stringere un legame con un bel libro, un altro ancora, poi un altro e un altro; trovo sia il miglior nutrimento per il nostro pensiero. Parole che ci fermano, ci fanno riflettere, ci emozioniamo, ci informano e, perché no, ci tengono un po’ lontani dalla rete.
Che poi, sul web, entriamo e usciamo di continuo. Eppure difficilmente ciò a cui assistiamo entra pienamente nel nostro percorso. Le notizie scivolano via, una dietro l’altra. Talvolta nemmeno le ascoltiamo fino alla fine. Le informazioni sono così tante che è come se si annullassero. Si ha la sensazione che la conoscenza rimanga a zero.
Il recente racconto di Guia Risari potrebbe trovarsi tra i titoli che un professore d’italiano inserisce nell’elenco degli “almeno questi” con l’intento di avvicinare gli studenti alla lettura, attraverso classici e racconti di qualità. Ci sarebbe certo quel ragazzo/a che, valutando le pagine, sceglierebbe il più sottile per evitare il cosiddetto “mattone”. Alzi la mano chi, ai tempi delle scuole superiori, non abbia optato per “Una storia semplice” di Leonardo Sciascia, per poi scoprire che, ahimè, proprio semplice non era.
«Ma il questore non è mai in questura a quest’ora».
Leonardo Sciascia
Anche in questo caso si scoprirebbe un racconto che, nonostante la mole, sia in grado di dire parecchie cose.
Il filo della speranza, un racconto tra presente e passato su fatti realmente accaduti
Inizio con il dirvi che l’illustrazione in copertina è di Elisa Talentino, artista di grande talento nonostante il diminutivo del cognome. L’immagine è già rivelatrice del soggetto principale del libro. Le ricamatrici sono ritratte nella sinuosità dei loro gesti, in quella forza e determinazione che più volte, nel corso della storia, le donne hanno dimostrato di possedere.
Ho scoperto Guia Risari, scrittrice, ricercatrice, traduttrice e giornalista milanese, soprattutto attraverso le pubblicazioni di racconti per l’infanzia (cercate sul blog, ci sono parecchie recensioni dei suoi libri). Trovo sia un’autrice capace di narrare la vita nella maniera più autentica che il lettore possa volere. In questo racconto ci porta in Sicilia, in un piccolo paese della provincia di Caltanissetta, Santa Caterina Villarmosa. I pensieri di Vita, la protagonista, scorrono tra i ricordi del passato, sempre più lontani, e gli eventi del presente, risalenti a quel 2020 che purtroppo tutti noi conosciamo. Un incipit straordinario. Attraverso le impressioni della protagonista, l’autrice racconta la vecchiaia, quella tappa della vita che finché si è giovani sembra appartenere solo ad altri:
(…) Comunque, stamattina avevo dimenticato il mio aspetto perché di notte mi ero rivista bambina, coi denti davanti a merletto: pieno, vuoto, pieno, vuoto. E così, per quanto strano possa sembrare, il mio viso, il mio collo, i miei capelli sono stati una vera sorpresa. La pelle è striata dalle rughe, come mossa dal vento, il collo è robusto, eppure sembra sciogliersi come un piedistallo di cera. I capelli, che avevo folti e neri, sono ragnatele ingrigite nei quali fatico a fissare le forcine tanto sono radi.

Oggi Vita è un’anziana signora siciliana. Si trova da sola, in casa sua, durante il lockdown. É in costante contatto telefonico con la figlia e con la nipote, Nina, che studia al nord. A quest’ultima vuole trasmettere i ricordi di un tempo che sembra ormai svanito ma che, in qualche modo, ancora esiste. In gioventù sposò l’amato Lele, morto da qualche anno a causa di un infarto e che scopriremo essere stato per lei quel compagno che un po’ tutte vorremmo. Fu lui a sostenerla quando decise di iniziare a lavorare come ricamatrice e, quindi, di bussare alle porte dei negozi per proporre i suoi manufatti.
Non passò molto. Vita si scontrò con la dura realtà che riguardava il suo mestiere. Vi erano infatti dei mediatori, nient’altro che personaggi mafiosi che imponevano alle ricamatrici prezzi da miseria o baratti in modo che, nel rivendere i loro prodotti, si ritagliassero il maggior guadagno. La presenza degli intermediari era divenuta una consuetudine duramente accettata anche dalle altre ricamatrici che, seppur sfruttate, continuavano a lavorare per pochi spiccioli. Così, anche i rivenditori si adattarono, evitando l’acquisto diretto dagli artigiani.
Non smettete mai di protestare
Si stava formando un gruppo di ricamatrici guidate da Filippa Pantano, donna che vantava la fama di “rivoluzionaria”. Le lavoratrici iniziarono a opporsi all’inaccettabile sfruttamento e Vita si unì a loro. La loro battaglia si rivelò essere tutt’altro che facile e vincente. Le ricamatrici ricevettero minacce e sabotaggi ai loro lavori, così che furono costrette a fermare le loro carriere.
Fu in questo clima di tensione che si svolse il processo del 1973. Quell’anno, in giugno, quasi mille donne manifestarono a Palermo per rivendicare i diritti delle ricamatrici. La conseguenza fu che venne approvata in Parlamento la legge numero 877 sul lavoro dipendente a domicilio che stabiliva orari di lavoro, una paga oraria e un obbligo di trasparenza nelle transazioni. Ma questa legge, ahimè, cambiò poco la vita delle ricamatrici.
Un epilogo che, seppur non coincide con il “vissero tutti felici e contenti”, è comunque un lieto fine. Ripenso quindi alle parole del filosofo inglese Bertrand Russell e ritrovo il senso della coraggiosa resistenza delle donne del racconto:
«Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Siate voci fuori dal coro. Siate il peso che inclina il piano. Siate sempre in disaccordo perché il dissenso è un’arma. Siate sempre informati e non chiudetevi alla conoscenza perché anche il sapere è un’arma. Forse non cambierete il mondo, ma avrete contribuito a inclinare il piano nella vostra direzione e avrete reso la vostra vita degna di essere raccontata. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.»
Bertrand Russell
La saggezza dei proverbi
Proverbi e detti, riportati in dialetto siciliano e abilmente tradotti all’interno della narrazione, rendono la lettura ancora più coinvolgente. Questi sono il frutto di uno scrupoloso studio compiuto dall’autrice e impreziosiscono la vicenda narrata. La sapienza popolare possiede quella disarmante capacità di descrivere la vita. Allora recupero carta e penna per annotare gli aforismi che sento diventare anche i miei motti. Uno tra tanti:
Na nuci rintra u saccu unni fa scrusciu. Se una sola noce nel sacco non fa rumore, in tante avremmo cambiato le cose.
(cit. pag. 17)
Verso la fine del libro, nel capitolo XXIX, la protagonista introduce una storia simile alla sua. Succede in Spagna, nella città di Elche, dove un gruppo di cucitrici di suole di scarpe (las aparadoras), impiegate senza previdenza sociale e sottopagate, si sta muovendo in difesa di quei diritti calpestati (“Sin contrato y en casa durante décadas: las aparadoras de Elche luchan ahora para que se reconozcan sus derechos“, Pùblico, 3 luglio 2021).
Dunque, come scrivevo all’inizio dell’articolo, sono arrivata alla centoventesima pagina e concludo il racconto di Vita. Seppure questa storia sembra terminata, sento che può continuare a esistere nei nostri cuori, nel nostro animo e, soprattutto, nelle nostre battaglie.
Il libro è Finalista del Premio Andersen 2022. Miglior libro oltre i 15 anni. (aggiornato a marzo 2022).
Approfondimenti: Intervista a Guia Risari su Youkali LEGGE 18 dicembre 1973, n. 877 - Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio. (GU Serie Generale n.5 del 05-01-1974).