Quante mamme sentono di sbagliare quando le cose non corrispondono alle aspettative? Eppure, il più delle volte è sufficiente chiudere la porta al giudizio, spostare l’attenzione e guardare le cose da un altro punto di vista. Quello del bambino è sempre il migliore da cui partire.

Lettera di una mamma

Sono una mamma di una bimba che a marzo compirà tre anni. Frequenta felicemente il nido da quando aveva nove mesi. In occasione di un incontro con una psicologa in un gruppo al nido ho evidenziato il fatto che M. a casa non gioca da sola (se non per massimo mezz’ora con le sue bambole) ma vuole giocare sempre con qualcuno, con me oppure la nonna o il papà. Dopo questa mia osservazione, un’educatrice del nido ha detto che infatti M. non é minimamente interessata al gioco euristico e che quando viene proposto si annoia e chiede mille volte di andare a fare pipì. La psicologa ha detto allora di provare a riproporlo a casa, che forse M. ha saltato questo passaggio e ha bisogno di imparare a stare anche da sola.

Ma a me sembra di fare un passo indietro, io non credo che sia un problema il fatto che non giochi da sola ma mi sento continuamente dire, soprattutto da mia mamma, che é colpa mia e che non l’ho abituata a stare da sola e che quindi ora ha sempre bisogno di qualcuno che “imposti” il gioco e che la guidi. Aggiungo che lei é molto legata a me e che ancora io l’allatto la sera per addormentarsi e la mattina quando si sveglia. Lei dorme nel suo lettino nella sua cameretta. 

bambina chiede attenzioni

A chi serve che giochi da sola?

Dalle tue parole si intuisce facilmente la fiducia che nutri verso la struttura educativa che ospita la piccola da ormai più di due anni. È un atteggiamento decisamente costruttivo e vi permetterà di collaborare per il benessere di M. Ora si tratta di capire se il comportamento da te constatato in seguito agli spunti mossi dalla psicologa riguarda un effettivo disagio espresso dalla tua bambina (l’avere sistematicamente bisogno della presenza di una figura adulta per giocare serenamente), oppure se, tale disagio, risiede piuttosto nell’adulto che riceve questa continua richiesta di attenzione e ha per questo difficoltà ad accoglierla, temendo che, così facendo, la piccola non sia poi in grado di sviluppare una sana autonomia e capacità di concentrazione.

Di cosa ha bisogno la bambina?

Racconti che M. non gioca mai da sola al di fuori del gioco con le bambole e che attività come il gioco euristico la annoiano. Chiedendo ripetutamente di andare in bagno, la bambina potrebbe avere attivato un “atteggiamento di fuga” da un contesto al quale è ormai insofferente.
Una “fuga” che non riguarda solo la sfera fisica ma soprattutto quella psichica. Si tratta di una possibile strategia attuata dal bambino/a quando non riesce a stare all’interno di una determinata situazione. Ad esempio, nei bambini più piccoli può succedere che si rifugino nel sonno quando vivono un malessere, una frustrazione o semplicemente si annoiano, gli manca la mamma, vivono un distacco non elaborato, ecc…
Nel caso di M., sarebbe sufficiente che la sua educatrice le chiedesse: “Non ti va di fare questo gioco? Preferisci dedicarti ad un’altra attività o riposarti?” Anche se non risponderà subito, sono convinta che nel tempo sarà assolutamente in grado di esprimere il suo stato d’animo agli adulti per lei speciali.

bambina non gioca da sola

Gioco adeguato all’età evolutiva

Detto ciò, pur non conoscendo le scelte educative del nido frequentato da M., non posso non chiedermi come mai viene proposto il gioco euristico (presumo inteso come gioco euristico con gli oggetti) a una bambina di tre anni, in piena fase linguistica, simbolica e rappresentativa. Il gioco euristico corrisponde allo sviluppo psico-fisico di un bambino/a che inizia a spostarsi e a camminare, in quanto propone un’occasione per scoprire materiali di uso comune attraverso la possibilità di creare relazioni tra gli stessi, di osservare e sperimentare le proprietà degli oggetti e di allenare la motricità fine (il movimento relativo alla mano) e la coordinazione oculo-manuale.

Il gioco di scoperta non si limita però ad essere svolto dal bambino/a in un ambiente progettato e allestito dall’adulto ma va inteso come un approccio verso il mondo e corrisponde altresì alla semplice esperienza spontanea che il piccolo intraprende continuamente sotto i nostri occhi, anche quando non ci facciamo caso.
Ne sono esempi l’attività di aprire e chiudere un cassetto o una porta, il prendere un mazzo di chiavi e tentare di infilarne una dentro la serratura, lo svuotare interamente una borsa o un portafoglio, l’esercizio di infilarsi dentro una scatola o una bacinella, il raccogliere oggetti dello stesso tipo per metterli dentro un contenitore, ecc…, in tutto questo i bambini stanno facendo proprio gioco euristico.
Ora ti chiedo: ricordi se M., tra gli uno e i due anni di età, ha fatto attività di questo tipo? Se la risposta è affermativa allora non avrà bisogno di ripetere ancora un’esperienza per la quale ha espresso un chiaro disinteresse. 

bambina non gioca da sola

Come sostenere l’autonomia nel gioco?

Come scrisse Nicolodi, psicologo e psicomotricista, dopo l’anno di età il bambino/a non richiede la sola presenza fisica dell’adulto ma anche e soprattutto la sua presenza psichica. Ora M. ha bisogno di condividere la sua esperienza con l’adulto e con i coetanei con i quali inizia a giocare “insieme” e non solamente “accanto”.
Probabilmente la mediazione dell’adulto facilita M. a dare un senso al gioco ed è tuttora il modo privilegiato per contenere la sua emotività. Non dovete fare altro che sostenere il bisogno di rassicurazione così che si fidi della sua capacità di autonomia. È importante che si senta accolta quando ha la necessità di “tornare” da voi dopo aver giocato un po’ da sola e, soprattutto, è bene non porre un giudizio negativo sopra questa sua scelta.

Hai potuto osservare come M. sia perfettamente in grado di autogestirsi durante il gioco delle bambole, un gioco simbolico capace di attivare a livello psichico un fondamentale processo di rassicurazione e di rappresentazione della realtà. Chiedi alle educatrici o alla psicologa come tua figlia si comporta negli altri spazi di gioco e in quale attività mostra particolare interesse. Come si relaziona ad esempio in contesti ludici che potrebbero realmente interessarla: durante la proposta di libri e storie, nei laboratori grafico-pittorici, in attività di psicomotricità, nelle esperienze di travaso-manipolazione, nel momento delle canzoncine, nel gioco della casetta, bambole o attrezzi, ecc…

Concludo con una nota sull’allattamento al seno. Anche se vi sono ancora molti pregiudizi a riguardo, mi sento di dire che questa pratica non può assolutamente influire in maniera negativa sullo sviluppo cognitivo e sull’autonomia di M., anzi. Spetta solo a voi la decisione sul momento più opportuno per interrompere.

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