Non esiste il riciclo perfetto, almeno non subito. La mia riflessione sui quei piccoli gesti che possono fare la differenza, sull’impegno al cambiamento delle abitudini quotidiane consolidate nelle nostre vite. Un primo passo per arrivare lontano.

Da qualche parte bisognerà pure cominciare

Caro diario, ormai l’aforisma attribuito all’attore e regista cileno Alejandro Jodorowsky è diventato il mio mantra:

“Il primo passo non ti porterà dove vuoi andare, ma ti porta via da dove sei.”

Seppure pronta a muovere questo decisivo “primo passo” verso un’esistenza maggiormente rispettosa dell’ambiente, sono consapevole del fatto che succederà anche quest’altra dinamica: farò qualche passo in avanti e qualcun altro, purtroppo, inesorabilmente all’indietro.

Domenica pomeriggio. Guardo oltre ai vetri della finestra dove si è scatenato un forte temporale di fine estate. Sembra davvero intenzionato a portarsi via le ultime giornate di sole e di gita a mezze maniche in cambio di foglie gialle e maglioncini. Il fracasso del cielo fa da sottofondo. Mi trovo a riflettere sulla sostenibilità ecologica della mia quotidianità. Esiste, è un dato di fatto, una possibile “me stessa ideale”, brava, molto brava. Ben pettinata e sorridente. Fa la spesa a km zero (ci va in biciletta), s’infila nelle fattorie di zona, socializza con i contadini, sorride alle mucche e da una pacca sulle ali degli amici polli. Poi faccio i conti con la “me stessa reale”, quella che vive sempre di corsa e con il cuore in gola, che catapulta i figli a scuola, che sfreccia in auto fino a Milano padroneggiando le tecniche apprese guardando le puntate di Bo e Luke. Quella che timbra il cartellino al cinquantanovesimo secondo e che, uscendo dal lavoro, ha 4 minuti per fermarsi al primo supermercato lungo la strada e recuperare qualsiasi cosa sembri commestibile prima di riprendere i bambini.

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Nei supermercati, caro diario, c’è tutto quel cibo così bello e così pronto per uscire, vestito con l’imballo, lo porti via velocemente, ti chiama suadente come, in altre epoche, si dice facessero le sirene con i marinai. Tutto quel tempo risparmiato. Porto in casa le borse della spesa, le appoggio sul tavole e inizio a mettere via la roba. Ci vuole almeno mezz’ora, se non di più, per sballare ogni acquisto e per organizzare la raccolta differenziata. Mi ritrovo improvvisamente sommersa, in casa mia, da una valanga di rifiuti, prodotta ancor prima di aver consumato qualsiasi cosa. Eh no. Temo che così non possa più funzionare. Generazioni di essere umani sono sopravvissute senza utilizzare un dito plastica, mentre noi non riusciamo nemmeno a evitarla per portare del cibo a casa!!! Urge una riflessione…

Quali rifiuti posso iniziare a evitare?

Come posso migliorare i miei acquisti e il mio modo di consumare in un’ottica di sostenibilità ambientale? Come posso contribuire a produrre meno spazzatura, pur consapevole delle mie giornate intrise di fretta e di stanchezza? In cosa posso iniziare a cambiare nel breve periodo? Quali sono quei prodotti di cui non posso già fare a meno? Che impatto hanno sul pianeta? Esistono delle valide alternative?

Così, caro diario, butto giù alcuni appunti, per semplificare. Posso elencare praticamente tutti i consumi all’interno di alcune categorie. Come queste:

  • la pulizia della casa,
  • l’igiene personale,
  • il cibo,
  • l’abbigliamento,
  • il tempo libero,
  • i trasporti,
  • gli accessori per la casa,
  • gli accessori per se stessi,
  • gli strumenti per il lavoro,
  • i giochi.

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Dovrebbe esserci tutto ma, se mi vengono in mente, aggiungerò nuove categorie. Su ognuna di queste provo a considerare tutto ciò che è “usa e getta”, distinguendolo da ciò che invece serve per più utilizzi o, ancor meglio, che è duraturo. Ci sono tante di quelle cose che potrebbero resistere per un po’ ma che invece si aggiungono, in poco tempo, al sacco dei rifiuti. Un esempio, le sorpresine delle merendine per i bambini.

Tra le tante connessioni, mi sono trovata a condividere alcune idee sul consumo sostenibile nei dialoghi intrapresi in un gruppo di educatrici che si è unito per essere una sorta di rete tra coloro che reputano discriminatori e illegittimi gli interventi sulla gestione del covid-19 messi in atto dal governo. Tra parentesi, ci stiamo muovendo per difendere la libertà di scelta, di pensiero e il diritto al lavoro, oltre che i diritti dei bambini a scuola. Nonostante quello che si legge sui giornali, non siamo in pochi a considerare che la situazione stia diventando sempre più drammatica e urgente. Per questo tornerò a scriverne, dal momento che trovo sempre più svilente, sfinente, snervante leggere, sulle testate più note, alcuni strilli che hanno il solo obiettivo di mettere in cattiva luce quei docenti (o, ancor prima, quei medici e sanitari) che semplicemente resistono a un’imposizioni di dubbia legalità.

Tornando all’argomento principiale (l’ecologia), raccolgo qualche spunto tratto dai messaggi delle colleghe, per iniziare i miei 100 o giù di lì per cambiare le abitudini insostenibili.

– “Detersivi alla spina, acqua del rubinetto, in ogni gesto della nostra giornata dovrebbe esserci attenzione verso il pianeta, invece quando vado a comprare la brioche al bar portando il mio sacchettino di carta usato e riusato da casa, sembro io la strana…”

Annoto… sacchettino di carta per brioche, meno rifiuto. Intanto penso a quanto sia fiera di me per aver desistito nel ricomprare i panni in microfibra usa e getta. Ho provato a infilare, nello stesso bastone, i panni lavabili, riutilizzabili, dunque ho iniziato a passare il pavimento. Caspita, funziona!

Categoria PULIZIA DELLA CASA + 1!

– «Io ho comprato il dispositivo che lava a ozono top, basta detersivi in lavatrice.»
Ok, annoto… dispositivo a oz…
– «E i fazzoletti in stoffa della nonna! Gli altri non sono più di moda.»
Fazzoletti in stoffa… scritto.
– «Vestiti usati, stracci in microfibra al posto degli scottex, panni in cera d’api invece della pellicola…»
– «Ah! Ecco il mio sacchetto del surgelo.»

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– «Saponi solidi per capelli, piatti, intimo, coppette mestruali e assorbenti lavabili…»
– «Caspita, alle coppette non riesco proprio a passare, limite mio!»
– «Anche mio!»
– «E compro la frutta dal fruttivendolo così posso riciclare i miei sacchetti.»

Ormai è scattata la gara alla più riciclona

– «Io! Io! Dischetti in bambù per strucco, carta riciclata per appunti e stampante, matite perpetue, henné per tinta, tutti detersivi e prodotti igiene bio e, per finire, HO ANCHE IL MARITO RICICLATO VISTO CHE SONO LA SECONDA MOGLIE!»
AHAHAHAHAHAHA, VINCITRICE ASSOLUTA!

Bene, caro diario, direi che ho raccolto un po’ di spunti per iniziare…

Prima di andare a fare altro, annoto una notizia che spero possa ispirare tante altre iniziative simili. L’azienda francese Plaxtil ha realizzato dei kit per la scuola, da distribuire a circa 300 studenti, riciclando le mascherine chirurgiche, che ormai troppo spesso troviamo abbandonate nell’ambiente. Con lo stesso colore azzurro, le mascherine sono diventate righelli e squadre e possono essere utilizzate ancora a lungo, a lungo e a lungo. Che poi, anche sulle mascherine usa e getta ci sarebbe un lungo discorso da fare…

Approfondimento:

- "Plaxtil, cette PME qui recycle les masques en fournitures scolaires", Challenges, Isabelle de Foucaud, 2 aprile 2021
- "Une ville d’Occitanie recycle ses masques usagés en fournitures scolaires", ID l'info durable, 18 agosto 2021
- Sito di Plaxtill