Siamo rimasti tutti attoniti quando, in un 16 marzo qualunque, la musica e le canzoni sono improvvisamente scomparse dai reel e dalle storie di Instagram e Facebook. E chi se lo aspettava? Un’operazione piovuta dai piani alti che non poteva fare altro che lasciare noi comuni mortali a bocca aperta (in tutti i sensi che può dare a intendere questa espressione). In breve, ci siamo trovati a boccheggiare, come i pesci nell’acquario, in quei video postati spesso dopo ore di prove e sudore. L’amarezza non è poca, soprattutto per chi su quei contenuti stava costruendo la propria professione, mattone dopo mattone, o per coloro che, oltre all’impiego di tempo, hanno fatto investimenti economici in adv e campagne pubblicitarie. Mentre Meta ha prontamente intrapreso la pulitura degli archivi dalla musica coperta da diritto d’autore, le ultime voci dichiarano che il tavolo di trattativa con Siae non sia ancora del tutto concluso. A noi non resta che chiederci: Torneranno le canzoni su Instagram e Facebook?

Il mio semi acquario su Instagram

Non sai cosa fare? Calma la mente.

Cos’hai pensato quando hai trovato i tuoi reel e le tue storie in quello stato? Sicuramente ti è preso un colpo e hai iniziato a cercare notizie in rete. Hai poi smanettato sull’applicazione scoprendo che i signori di Instagram, con grande generosità, hanno concesso una sola e irripetibile opportunità, ossia sostituire l’audio non più disponibile con uno tra quelli rimasti nel repertorio. Beh… bella m***a (scusa, è stata un’uscita spontanea). Sei stato tentato di farlo, sarebbe stato un modo per cancellare dalla tua anima quell’intollerabile mutismo. Ma hai scoperto che comunque la tua voce (il voice over che avevi registrato con tanta cura) non sarebbe ad ogni modo tornata (sic). Dunque cosa fare?

Non ti nego di avere pensato a diverse possibili soluzioni fino a quando mi è tornato alla mente un noto racconto buddista in cui si narra che, dopo giorni di cammino, il Buddha chiede a un suo discepolo di portare un po’ d’acqua dal lago per potersi dissetare. Ubbidiente, questo si reca a prenderla ma proprio in quel momento un carro trainato dai buoi attraversa lo specchio d’acqua sollevando il fango dal fondale. In tale circostanza non avrebbe potuto portare dell’acqua potabile al Buddha, quindi ritorna per comunicarglielo. Dopo mezz’ora il discepolo viene nuovamente mandato a prendere l’acqua e la trova ancora completamente torbida. Torna dal Buddha, gli propone diverse soluzioni davanti alle quali questo non dice e non fa nulla, senonché dopo un po’ di tempo lo rimanda nuovamente al lago. Il discepolo, ormai stanco di fare avanti e indietro, si ritrova incredulo davanti a un’acqua tornata limpida e trasparente. Il Buddha gli domanda cosa avesse fatto per pulire l’acqua; lui stupito gli riferisce di non avere fatto nulla. Ed ecco il noto insegnamento:

“Aspetta e lasciala stare. Quindi il fango si deposita da solo e tu hai dell’acqua pulita. Anche la tua mente è così! Quando è disturbata devi solo lasciarla stare. Dagli un po’ di tempo. Non essere impaziente. Troverà l’equilibrio da sola. Non devi fare alcuno sforzo per calmarla. Tutto passerà se non ti afferri.”

Il potente messaggio di questa leggenda è, in breve: quando non sai cosa fare, non fare nulla. Calma la tua mente. Gli orientali definiscono “Monkey mind” (mente da scimmia) quel modo di agire irrequieto, instabile, confuso e in costante tormento che dà l’idea delle scimmie che saltano da un ramo all’altro senza trovare pace. Dunque, davanti ai nostri video senza musica potremmo agire proprio come quel discepolo che ha trovato l’acqua piena di fango ed è stato guidato dal Buddha.

Tu, invece, cosa hai deciso di fare? Ti racconto la mia scelta.

Mi sono messa in cammino

“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi.”
Italo Calvino

Ho stoppato tutto, mi sono “cristallizzata”, amareggiata dal fatto che, ogni volta che creo un contenuto per i social legati al mio progetto professionale, per quanto mi appassioni farlo, tolgo tempo ad altro, allo studio, a me stessa e, soprattutto, ai miei cari. Per questo, nel fine settimana successivo alla rimozione musicale ho fermato il mio programma editoriale e sono tornata… alle origini. Insieme a mia sorella ho portato i bambini a fare una gita nel centro di Torino, la mia città natale.

Era da diverso tempo che non tornavo, seppure una volta mi era così abituale percorrere quelle vie. Mentre passeggiavo vedevo i bambini che si appassionavano alle strade maestose e brulicanti del centro, alle sorprendenti aperture sulle piazze e ai tanti angoli da scoprire. Pensavo al fatto che, se per loro era tutto così nuovo, per me e per mia sorella invece non esisteva un angolo del centro che non fosse legato a qualche ricordo. Raggiungere l’università da via Verdi, immaginare le scalinate vicino a Palazzo Nuovo che non ci sono più, i bar e i bicerin, l’ufficio di papà sopra via Po, le passeggiate sotto i portici, gli appuntamenti con gli amici, le serate ai Murazzi, la domenica al Borgo Medievale, i vari luoghi dei primi impieghi lavorativi, il campanello del tredici, l’angolo tra piazza Castello e via Garibaldi, il cielo grigio che fa subito Praga (lo dicevamo sempre).

murazzi torino
Vista della Chiesa della Gran Madre di Dio dai Murazzi del Po

Mi sentivo piena di ricordi ma anche libera. Era proprio come avrei voluto vivere. Molti scelgono le innumereveli strade offerte dai social e dalla rete per seguire il proprio sogno di libertà, la grande opportunità promessa dai nuovi media. C’è un irrequieto desiderio di fuggire al lavoro dipendente, il Sacro Graal delle generazioni che ci hanno preceduto e che ci hanno cresciuto a suon di “sistemati”, “trova un lavoro fisso”. Abbiamo compreso quanto sia fondamentale tornare a essere padroni del proprio tempo, ciò che di più prezioso ci resta nel nostro passaggio sulla terra, ma non sappiamo bene come fare. La società si è radicata in modo tale da dare poca scelta a chi non riesce a stare nel sistema.

Vendiamo e svendiamo continuamente il nostro tempo, diventato alla mercé di datori di lavoro, di contratti e false illusioni. Viviamo in balia dei messaggi che bombardano senza sosta le nostre giornate, le nostre ore i nostri minuti, le nostre pause, i nostri intermezzi e che educano la nostra mente a essere saltellante e inquieta come lo sono le scimmie sui rami. Se stai cercando di essere libero, allora non vincolarti nemmeno alle piattaforme e ai loro capricci. Tutto passa e si trasforma.

Quando qualcosa sembra che stia andando storto, quando senti che stai perdendo il terreno sotto ai piedi e che non ce la farai mai ad arrivare dove vuoi, ecco, è il momento di fermarti per un po’, di meditare e di tenere i piedi… per aria.

torino

Ultime note

Riscrivo in data 30 marzo. La situazione è rimasta tale e quale. Si parla di possibili risoluzioni ma, sul social, nulla pare muoversi. Anche se l’archivio musicale a disposizione dei creator sembra essersi rimpolpato, ho compreso che si tratta di una una chimera, attraente ma effimera. Non farà altro che farti perdere ancora più tempo nella realizzazione dei contenuti. Ne ho la prova in quanto ho da poco pubblicato un reel in cui ho aggiunto una musica popolare disponibile nell’archivio. Dopo solo poche ore mi sono ritrovata nuovamente muta e boccheggiante.

Dunque, finché la situazione con Siae non si è risolta e nell’attesa che la piattaforma ritorni a essere meno vulnerabile e dispettosa di oggi, il mio suggerimento è quello di continuare a pubblicare i propri video senza aggiungere la musica disponibile o, al massimo, cercare i propri sottofondi sonori tra gli archivi di musica libera da copyright (digita su Google, ad esempio, “Royalty free music”). Ricorda sempre che l’interesse del tuo pubblico è legato a ciò che hai da dire e non alla musica che gli farai ascoltare.