Diciamo le cose come stanno. Per noi, nati tra gli anni ’70 e ’80, liberarsi dal consumismo non è affatto un’impresa facile. Da quando esistiamo, tutto il nostro entourage non ha fatto altro che remarci contro. Siamo stati bambini durante l’esordio delle televisioni commerciali, quelle che, con assoluta nonchalance, hanno spazzato via il limite dello spazio pubblicitario, in barba al Carosello. C’erano i continui spot trasmessi in mezzo ai cartoni animati. C’erano le Hot Wheels, le Barbie, le Lelli Kelly, le… le… Le voglio, le voglio, le voglio!

televisione anni ottanta

Liberarsi dal superfluo e dallo stile consumistico

Volevamo tutto. Fortuna che molti dei nostri genitori erano sufficientemente in bolletta per limitare i nostri desideri d’acquisto compulsivo e per ignorare la valle di lacrime scaturita dai ripetuti “no” (detti proprio senza alcuna pietà, sigh!). Eppure, c’è da ammettere questo: anche per loro non dev’essere stata una passeggiata. Appartenevano a una generazione nella quale i bambini erano capaci di costruirsi da sé slitte, bambole di straccio e monopattini, dove le mamme gestivano l’incontinenza infantile con una minima scorta di pezze lavabili e il cibo veniva acquistato a seconda del bisogno. Poi, diventati adulti, si sono ritrovati a comprare pacchi di pannolini usa e getta, a bere l’acqua distribuita nelle bottiglie di plastica e a subire il debutto dei centri commerciali. Dunque, si sono improvvisamente catapultati nel consumismo e nell’usa e getta, senza immaginare come tutto ciò sarebbe diventato un gran disastro.

“Bisogna far girare l’economia” si diceva. Comprare, comprare, comprare. Sotto questa luce, riempirsi di oggetti e di beni di ogni tipo acquisiva il candore delle abitudini profondamente altruistiche. Soltanto con il senno di poi ci siamo accorti quanto questa rotta consumistica ci abbia profondamente impoveriti. Non solo nel portafoglio. Ci sentiamo sempre più insoddisfatti e stressati, nonostante le maggiori comodità e il maggiore accesso alle cose. Come se il progresso non avesse davvero aiutato le persone a risolvere i loro problemi, ma li avesse semplicemente mutati.

In contrapposizione al consumismo, sgomita un’altra filosofia che potrebbe apparire anche banale ma, di certo, non scontata. Si tratta del minimalismo, ovvero l’abitudine volta a eliminare tutto ciò che è superfluo. Abbracciare questo modo di vivere richiede un profondo e costante sforzo riflessivo. Oggi se ne parla molto ma non è un concetto recente, anzi, prima ancora di essere considerato come stile di vita, aveva già influenzato arte, arredi, design, letteratura e moda, a partire dalla seconda metà del secolo scorso. La realizzazione di tendenze e opere in cui la ricerca dell’essenziale è anteposta all’aggiunta di ulteriori elementi, considerati superflui, fu alla base del concetto minimalista. Fu il designer tedesco Ludwig Mies van der Rohe, ispirandosi alla filosofia e al tema del distacco, a sintetizzare nell’aforisma «Less is more» (meno è di più) quello che divenne un vero e proprio manifesto dell’architettura del XX secolo e che ancora oggi viene citato da chi accoglie lo stile minimalista.

less is more

La ricerca del minimalismo nella vita di tutti i giorni

Soprattutto dopo la separazione e la successiva vendita della casa coniugale, mi sono accorta di quanto fosse necessario possedere meno cose. In quei pochi anni di matrimonio, avevamo accumulato molta (troppa) roba, anche inutilizzata. In vista di un imminente trasloco, sentivo che tutte quelle cose erano diventante un pesante fardello, anziché rappresentare oggetti utili alla mia esistenza. Possedevo una friggitrice che avevo utilizzato praticamente mai, numerosi soprammobili e diversi souvenir rimasti nelle scatole grazie alla mia poca disponibilità a investire tempo nello spolvero. Poi c’erano tutte quelle cose che, di certo, se non le avevo utilizzate fino a quel momento, difficilmente l’avrei fatto in futuro.

A motivo di questo sovraccarico, pubblicai alcuni annunci sui siti che trattano l’usato e portai alcune cose nei mercatini. Mi contattò una signora peruviana che viveva nel mio stesso comune. Iniziò ad acquistare diversi oggetti che avevo messo in vendita. Poco alla volta entrammo in confidenza, la aiutai nel suo trasloco e mi invitò a casa sua. Scoprì come l’avesse totalmente arredata con l’usato, andando continuamente a spulciare tra i vari annunci. Con il passare dei giorni, la mia casa si svuotava e si preparava per il trasloco, intanto, nella sua vedevo rinascere a nuova vita tutti quegli oggetti per i quali avevo già completato il processo di distacco. Giunte alla fine, le regalai ciò che mi rimaneva da dare via (mi auguro per lei che non debba avere a che fare con un nuovo trasloco!)

Sull’onda del minimalismo, quest’anno ho deciso che non comprerò alcun nuovo abito, accessorio o simili per me. Ho aperto l’armadio. Alcune cose le ho da diversi anni e la voglia di nuovo è lì che continua a bussare. Ma ho pensato che quello che per alcuni potrebbe sembrare poco o sempre lo stesso, per altri potrebbe essere un guardaroba con molta scelta. Non è semplice resistere al nuovo o accettare d’indossare le solite cose fino a consumarle davvero. Eppure credo sia doveroso comprendere ciò che è superfluo, per noi, per la nostra economia, per l’ambiente.

Che poi, a ben pensarci, per come trascorro le mie giornate, potrei anche mettere due robe in croce che non cambierebbe un granché.

trasloco

Il minimalismo nell’educazione dei bambini

Un ambito che mi ha spesso portato a riflettere sullo stile minimalista è certamente quello educativo. Di cosa hanno realmente bisogno i bambini per crescere, esplorare e conoscere? Certamente di molto meno di quel che pensiamo. La riscoperta dell’infanzia offre una grande opportunità alla ricerca dell’essenziale, allo sforzo di togliere anziché di aggiungere. Tutte le proposte di gioco di cui scrivo qui sul blog si basano anche su questo principio. Gli anni trascorsi nelle strutture dedicate ai bambini mi hanno dato l’opportunità di constatare e riflettere in prima persona quanto fosse utile avere in mente la massima “less is more“.

giochi in legno minimalisti
Giochi minimalisti

L’approccio dell’attivismo pedagogico suggerisce che la pratica educativa debba fondarsi sull’osservazione dei bambini. Proprio per questo motivo non potrà mai esserci un autore, un testo, un manuale da cui estrapolare una lista di giochi e attività valida per tutti, da prendere come una ricetta da far ripetere al bambino o al gruppo di bambini che si ha davanti. Esistono, invece, riflessioni ed esperienze da cui trarre ispirazione per offrire al bambino nuovi stimoli e ulteriori rilanci alla sua attività spontanea o per pensare agli ambienti in modo da renderli adeguati ad accompagnarlo nello sviluppo. Il tutto da considerare sempre nell’ottica dell’essenzialità. Ambienti ludici eccessivamente pieni di materiale non offrono maggiori opportunità ai bambini, anzi, causano, perlopiù, momenti caotici e stress del riordino.

giochi minimalisti

Quando notate che i bambini non fanno altro che buttare e sparpagliare tutto per terra, passando da un materiale all’altro senza realmente “giocare”, provate a togliere tutto (e con tutto intendo proprio tutto). Poi sedetevi e osservateli. Dite loro poche parole. A poco a poco potete offrire qualcosa da aggiungere al loro gioco. Questo, il gioco, diventerà ora finalizzato e presente nel loro pensiero. Una scatola, alcuni cucchiai, rami, robe simili, sono più stimolanti dei giochi in commercio.

Qualche giorno fa, a scuola, faceva molto caldo e i bambini (3 anni) erano ormai stufi dei soliti giochi disposti sugli scaffali. Una collega ha preso un lenzuolo azzurro e lo ha allargato sul pavimento, dicendo: “Ecco il mare.” Da quelle tre parole, i bambini si sono immediatamente liberati di scarpe e calze e si sono letteralmente tuffati sul lenzuolo. Hanno iniziato a giocare a nuotare e a bagnarsi per finta (Vedi anche “Il gioco del lenzuolo che diventa mare”), qualcuno ha preso una bambola per immergerla in un finto bagno in acqua. Erano talmente coinvolti nel gioco simbolico che probabilmente sentivano anche la salsedine sulla pelle!

Concludo con questa domanda. Avete mai pensato all’importanza del minimalismo nel gioco dei bambini piccoli?