Siamo arrivati al cuore del discorso sui capricci e ti ringrazio per avermi seguita fin qui. É molto probabile che, già dagli scorsi articoli, ti aspettassi di ricevere una serie di strategie efficaci e pronte per essere messe in pratica di fronte a un momento di crisi del tuo bambino o della tua bambina. Forse, avrai anche pensato che mi fossi dilungata troppo. Ma per me era importante darti un quadro della situazione che fosse il più completo possibile, per quanto si possa realmente raccogliere e descrivere la vita nelle sue tante manifestazioni.
Bene, ora però voglio darti alcuni consigli per la gestione dei capricci che seguono un approccio che amo definire “pedagogia del benessere”. Nell’occuparmi di educazione mi sono trovata a riflettere su quale fosse realmente la più grande meta di ogni obiettivo pedagogico. Intuivo quindi che ogni progetto, metodo, azione e relazione educativa, aspirava, anche se non in maniera esplicita, a mantenere o ristabilire il benessere di adulti e bambini.
Te ne parlerò nel corso dell’articolo. Se invece vuoi leggere i post precedenti, scorri la rubrica “percorsi educativi”.

La pedagogia del benessere
Da quando sei diventato/a genitore sono certa che, in diverse occasioni, ti sarà capitato di riflettere o di comunicare ad altri le tue aspirazioni e aspettative in merito all’imminente compito educativo. Te ne dico alcune:
- Voglio fare in modo che mio figlio sia socievole e che non abbia paura degli altri.
- Mi aspetto che non pianga troppo quando dovrò lasciarlo all’asilo o dai nonni.
- É importante che impari a chiedere per favore.
- Lo porterò sempre con me, così fa esperienza e sarà un bambino sveglio.
- Mio figlio/mia figlia non guarderà mai il telefonino.
Potrei andare oltre con gli esempi ma ciò che m’interessa dirti è che questo tipo di asserzioni testimoniano l’esistenza della sede psichica del “bambino immaginato” che ogni genitore porta con sé. Questo ipotetico figlio nasce ben prima di quello reale e pone le basi dell’amore e del progetto genitoriale. É fondamentale che esista in quanto rappresenta la proiezione del ruolo educativo che ci si appresta a compiere. Tuttavia, è anche indispensabile che, a un certo punto, tale rappresentazione venga smussata in modo da poter accogliere il “bambino reale” .
Alla luce di quanto detto, ti invito a rileggere le affermazioni riportate poco sopra. Riesci a vedere qual è il vero macro obiettivo in cima a ogni responsabilità educativa? Proprio così, è il benessere del bambino e della famiglia.
L’attenzione al benessere, ovviamente, non significa il non trovarsi mai affrontare situazioni problematiche, quella sarebbe utopia! Il senso che do alla ricerca del benessere, come fine ultimo dell’agire educativo, riguarda piuttosto:
- la visione ad ampio raggio di ogni singola situazione. Relativamente al capriccio, significa considerare il momento come passeggero e normale nel percorso evolutivo del bambino;
- l’attenzione a non farsi sommergere dalle circostanze caotiche, dallo stress e dall’ansia. É importante allenarsi a non percepire una situazione in maniera eccessivamente greve;
- la volontà di accogliere l’altro come una persona che ha il diritto di essere proprio così com’è. Il bambino ha bisogno di sentirsi accettato e amato in maniera incondizionata, anche quando manifesta comportamenti che mettono a dura prova l’adulto;
- il praticare in modo consapevole e costante la sospensione del giudizio. Considera che il tuo bambino non è “fatto così”, non ha “un caratteraccio”, non è “tremendo” e nemmeno “buono e mansueto”. Tutto ciò che esprime è semplicemente una fotografia di quel particolare momento che racconta “come si sente” piuttosto che “chi è”.
Ritornando ai capricci del bambino, se prima i tuoi tentativi perseguivano l’obiettivo di “farlo/a smettere il prima possibile”, ora puoi provare a spostare l’attenzione su “cerchiamo insieme di ritrovare il benessere”. Ora sei riuscito/a ad accogliere il bambino e il suo capriccio (yuppi! un bel pacco completo). Ma non è ancora finita, devo parlarti di una strategia che ti aiuterà a comprendere e sciogliere il momento di inquietudine.

Tradurre il punto di vista del bambino: lo specchio emotivo
Nel periodo che precede lo sviluppo emotivo, l’adulto compie un ruolo fondamentale per il bambino: accoglie e descrive per lui le emozioni che sta provando suggerendogli le parole per descrivere ciò che sta capitando alle sue emozioni.
Un atteggiamo fermo e sicuro dell’adulto garantisce al bambino il fatto di non doversi trovare ad assumere precocemente il ruolo di capitano e di essere messo al timone, nel bel mezzo di un mare in tempesta, con il compito di riportare la nave al porto. Ti sembrerà strano ma questa situazione semplificata in metafora accade più spesso di quanto si pensi.
Tutte le volte che chiedi al bambino/a “perché fai così?”, “perché piangi?” o lo esorti a smetterla immediatamente, lo stai inconsapevolmente caricando di un peso emotivo che di certo non è in grado di sostenere. Il rischio è che la sensazione di disagio nata dall’essersi trovato a reggere un fardello più grande delle sue possibilità, sfoci in un futuro “senso di colpa” (dal quale diventa difficile liberarsi durante il corso della vita) o in un atteggiamento che delinea un’adultificazione precoce. In questo caso il bambino assume espressioni, ragionamenti e atteggiamenti che lo fanno apparire più grande della sua età ma che, scavando un pochino, si desume quanto non siano radicati in un percorso di maturazione dell’intelletto e delle competenze cognitive.
Sia come mamma, sia come educatrice, ho trovato in questa riflessione una vera e propria svolta. Così, ho cominciato a definire e dire – io per il bambino – ciò che probabilmente era successo e che poteva essere stato il motivo che aveva portato alla “tempesta”, assumendo il ruolo di specchio emotivo.
La risposta che il bambino dava quando si trovava di fronte a un atteggiamento empatico (che talvolta neanche si aspettava) era, nella maggior parte dei casi, sorprendente. Come se quelle parole, pronunciate in maniera ferma, decisa, sicura e che esprimevano “stai tranquillo/a, so io cosa ti è successo e ora ti aiuto a stare bene“, riuscissero finalmente a sciogliere l’ingorgo che si era creato nei suoi sentimenti.
Notavo l’apertura (e la luce in fondo al tunnel) nel momento in cui il bambino rispondeva con un “sì” risoluto (spesso seguito dal suo perché) e si lasciava consolare e abbracciare, abbandonando qualsiasi tensione.
Le frasi che puoi pronunciare avvicinandoti al bambino sono, ad esempio:
- Io so cos'è successo... Sei arrabbiato perché (motivo dedotto) non ti ho dato il bicchiere che volevi? - Sei triste perché il papà è andato a lavoro? - Sei arrabbiato perché ti ho messo fretta? - Ci sei rimasto male perché ti ho sgridato? - Volevi mettere la maglietta che hai scelto tu?
Il bambino/a, oltre a rispondere con un sì o con un no, spesso è anche interessato a comunicarti il suo motivo:
- Sì, perché non è giusto. - Sì, perché doveva restare qui. - Sì, perché non mi hai aspettato. - Sì, perché mi sgridi sempre! - Sì, volevo quella lì.
Bene, ora tocca a te. Prova a mettere in pratica la strategia dello specchio emotivo e fammi sapere come procede la gestione dei capricci del tuo bambino/a. Mi raccomando, ci tengo!

Concludo come sempre ricordandoti alcuni titoli di divulgazione pedagogica che suggeriscono come accogliere il bambino e sostenerlo anche durante i momenti di crisi.