Tutto era così tranquillo finché non ho sentito un pianto inconsolabile arrivare dall’ombrellone vicino. Mentre scrivo questo articolo mi trovo in spiaggia. Purtroppo stanno diminuendo i giorni di mare e sta aumentando la poca voglia di ritornare. Osservo i miei figli, ormai cresciuti, che gestiscono autonomamente le loro attività. Poi, quel pianto richiama nuovamente la mia attenzione. Il bambino ha circa due anni e implora la mamma affinché lo prenda in braccio. L’espressione della donna è quella di chi prevede che il piccolo non si calmerà presto. Riaffiorano i ricordi di quando i miei figli avevano all’incirca la stessa età e dei momenti in cui ho pensato di non potercela fare. Ora te lo posso dire che ce la si fa sempre. Il problema è riuscirci al meglio e mantenere, grossomodo intatto, il proprio equilibrio. A tal proposito, se ti trovi in balìa dei pianti disperati, ti dedico questo breve percorso sui capricci. Nella rubrica “percorsi educativi” puoi leggere i precedenti articoli sull’argomento.
Come Aldo sul monte
Hai presente la scena dell’arrampicata alpina recitata dai comici Aldo, Giovanni e Giacomo? Una delle battute rimaste più impresse al pubblico è certamente quella in cui Aldo perde le staffe quando non riesce a procedere nella scalata e, con la sua tipica verve, ripete in loop: “Non posso più scendere né salire, più scendere né salire!”
Ci sono situazioni in cui l’adulto, davanti a una crisi del bambino, si sente proprio come Aldo sopra il monte della scenografia. In quei momenti la sensazione è che qualsiasi cosa faccia o dica al bambino non vada bene. Si trova in un empasse in cui non c’è modo di farsi ascoltare o di risolvere la richiesta del bambino. Hai presente questo momento? Ti è mai successo di trovarti in questa situazione?
L’adulto si percepisce come incastrato in un corto circuito e diventa un’impresa riuscire a non perdere la pazienza dal momento che l’agire del bambino arriva come una provocazione, come se volesse far di tutto per metterlo in difficoltà. Ma come si sente invece il bambino in queste situazioni?

Bella domanda, eh? Il primo errore nella gestione della crisi del bambino risiede proprio nel considerare la sua capacità cognitiva al pari di quella di un adulto. Proprio per questo, quando il bambino non desiste al capriccio, tendiamo a porgli una serie di perché:
- Perché fai così?
- Perché piangi?
- Perché non mi ascolti?
Una lista di “perché” ai quali il bambino non è in grado di dare risposta e che non fanno altro che peggiorare il suo stato d’inquietudine (è come se l’adulto gli stesse chiedendo di comportarsi da… adulto). Il processo di maturazione emotiva, ossia la competenza di razionalizzare e spiegare ciò che si prova, avviene con il tempo e, almeno fino ai sei anni, il bambino manifesta le sue emozioni, frustrazioni e pulsioni senza filtri.
La risposta educativa al capriccio

Se ritorni per un istante all‘immagine dell’iceberg, puoi facilmente accorgerti che stai cercando di risolvere le motivazioni esplicite del capriccio per fare in modo di porvi fine. Stai tentando di spronare il bambino affinché accetti una soluzione razionale oppure finisci per accontentarlo nella sua richiesta.
“Dai su le tazze sono tutte uguali! Va bene, ti travaso il latte in quella di Topolino, come vuoi TU! Sei contento adesso?”
Talvolta funziona. Dopo essere stato accontentato il bambino si calma e riprende a fare le sue cose. Ma fino a che punto puoi riuscire ad assecondarlo? E, soprattutto, questo genere di risposta è educativa per il bambino/a? A lungo andare non si rischia, piuttosto, di finire in un circolo vizioso?
Ogni capriccio è la manifestazione di un stato d’animo che il bambino tenta di comunicare con gli strumenti che ha, a seconda della fase in cui si trova il suo percorso evolutivo. Per questo motivo, cercare di “risolvere” la parte emersa dell‘iceberg comporta l’innescarsi di una dinamica peggiorativa nella relazione adulto – bambino, dove il sostegno del primo perde di valenza educativa sul secondo. A lungo andare, entrambi si aspetteranno un certo tipo di reazione – azione – risposta e sarà difficile, soprattutto per il bambino, accettare alternative o risposte diverse da parte dell’adulto.
Ciò non significa che non si debba mai andare incontro alla richiesta (esplicita) del bambino. Ogni situazione è a sé ed è frutto di molte variabili (come abbiamo visto qui). Di certo bisogna usare con parsimonia questo tipo di risposta al capriccio e non focalizzarsi solamente sull’esigenza di risolvere la situazione del momento (“Devo pur sopravvivere!”) ma mantenere invece una visione proiettata verso il futuro. Educare è un percorso graduale fatto di momenti più facili e di altri maggiormente complessi. Il bambino sta ponendo le fondamenta della sua persona ed è condizionato dalle risposte che riceve durante l’età evolutiva.

Prevedere il capriccio
Educando si viene sempre, a nostra volta, educati. S’impara tanto dal comportamento dei bambini e sono soprattutto le situazioni critiche a dare la migliore preparazione nell’accademia dei genitori. La quotidianità con il tuo bambino/a ti consentirà di comprendere il momento precedente al capriccio e quindi a prevederne l’esplosione. La possibilità di prevedere il capriccio ti aiuta a capire le dinamiche che hanno avuto un peso sull’emotività del bambino (l’assenza di un rituale, la fretta, un movimento brusco dell’adulto, una risposta non data, la mancanza di ascolto, l’aver fatto qualcosa al suo posto, l’averlo anticipato, l’interruzione improvvisa dell’attività del bambino a cui non abbiamo dato importanza…). I fattori “prevedibili” sono quelli sui quali possiamo lavorare. Quelli che se non vengono presi in considerazione, a poco a poco, ingrassano la parte sommersa dell’iceberg. Ecco il primo passo per riuscire a comprendere la motivazione del capriccio.

Concludo suggerendoti tre verbi per affrontare il capriccio: prevedere – comprendere – accogliere. Tornerò a parlarne venerdì e, soprattutto, approfondirò il discorso su come accogliere le crisi del bambino. Come sempre, se hai domande scrivimi nei commenti e non dimenticare di tornare qui!
Per finire, ti propongo alcuni libri di divulgazione pedagogica che suggeriscono come accogliere il bambino e sostenerlo anche nei momenti di crisi.