Françoise Dolto (psicoanalista francese) affermava negli anni ’70:
“Non è mai troppo presto per parlare a un essere umano.
È un essere di parole, già dalla vita fetale ed io capirei molto bene un padre ed una madre che parlassero al feto ancora in utero”.
Immaginiamo una mamma stesa comodamente sul divano di casa, un libro di storie per bambini in mano o poggiato sul suo pancione e la sua voce che dolcemente legge. Nella stanza non c’è nessuno, c’è lei ed il suo bimbo in pancia. È una mamma in attesa, tra la 25° e la 27° settimana ed è intenta a leggere a chi già l’ascolta: è giunta al momento della gestazione in cui il feto riesce a riconoscere la sua voce, come ci confermano gli esperti.
Al quinto mese il cervello del nostro bambino prenatale è in grado di interpretare i suoni. Ciò accade anche con la voce del papà che ha un suono grave (e non acuto) che varca più facilmente le pareti addominali. Le voci di mamma e papà, che parlano al proprio bambino in pancia, arrivano a lui ovattate, ma, anche se nel viaggio attraverso il corpo i decibel vengono dimezzati, la voce arriva, eccome! Lo dicono le evidenze scientifiche, ossia le misurazioni del battito cardiaco che, alla voce della mamma, si normalizza, rallenta, si placa quando il bambino è agitato o, al contrario, il battito aumenta per l’eccitazione positiva di riconoscere la voce materna.
L’udito si è già sviluppato ed ora il bambino prenatale inizia a “sentire” con tutto il corpo. A riprova di ciò sappiamo bene, ad esempio, che i battiti del cuore aumentano durante un esame clinico della mamma perché il bambino sente probabilmente un corpo estraneo, come una minaccia, e, nel tentativo di evitarla e di difendersi da questa, si scosta e avverte la paura, l’emozione che si rivela, quindi, la più potente in assoluto rispetto al ventaglio delle emozioni che un essere vivente prova.

Proviamo a fare attenzione: si ritiene, infatti ed oramai, che tutti i sentimenti di cui siamo capaci, come persone relazionali, siano generati dalle emozioni, a base comunque biologica, percepite in utero, in uno scambio costante con l’ambiente a livello fisico e sociale.
Il bambino prenatale ha già la capacità di relazionarsi col mondo esterno. È vantaggiosa questa scoperta vuoi per la mamma, la quale sarà più attenta a ciò che trasmetterà al proprio bimbo vuoi per il bambino che trarrà giovamento dalla cura prestata da colei e da colui che rispetterà il suo potenziale biologico e culturale.
Il nostro bambino prenatale comunica ed interagisce: qualcuno deve mettersi lì ad ascoltarlo emotivamente, empaticamente. Quando ciò avviene, il piccolo è pronto a ricevere anche una storia, una favola, un racconto o una filastrocca, come nel caso della nostra mamma rilassata sul suo divano di casa. Il nostro bambino non ascolta solo piacevolmente la voce di mamma e papà, ma è sensibile alla musica udendo la quale si muove in pancia.

G. Andreae, V. Cabban, Hachette Children’s Books, 2012
Superata la moda dell’effetto Mozart che, secondo alcuni studiosi (Università della California, 1993) renderebbe i bambini più intelligenti, possiamo convenire con il pensiero di Stephan Valentin che invoglia l’ascolto della musica classica per la madre principalmente, la quale, intenta ad ascoltarla, produce ormoni benefici sul feto dovuti al rilassamento indotto dalle note musicali.
È stato provato che proprio quel brano musicale che provoca movimento armonico nel feto, quando è riproposto alla nascita, ha un effetto sedativo sul bambino. La scienza viene in soccorso a noi amanti della lettura quando afferma che determinati stimoli uditivi proposti nella gravidanza, sono riconosciuti dal neonato. Se questi stimoli uditivi son storie, favole e racconti, accompagnati dalla musica, noi promotori della lettura ad alta voce siamo veramente soddisfatti e felici.
In tal caso, infatti, il nostro bambino è predisposto a riconosce in un futuro a lui molto prossimo, le parole ancor prima del loro significato corrispondente. Ciò comporterà anche una sua maggiore propensione all’apprendimento di parole una volta che il linguaggio diventerà il più comune strumento di comunicazione (smarterbaby.info).

Leggere ad alta voce promuove, quindi, lo sviluppo di competenze linguistiche, nonché favorisce il potenziamento delle facoltà cognitive. È come dire: è bene esporre il bambino prenatale ed il neonato a tante parole, anche difficili, perché questa sana abitudine creerà nel suo cervello una traccia mnemonica che sarà richiamata a breve nel tempo se l’esposizione alla lettura diverrà costante.
Per essere più precisi, quando il nostro bambino prenatale sarà nato, sarà sensibile particolarmente ai suoni organizzati in linguaggio e si muoverà in sincronia con essi come in un comportamento innato e involontario carico di implicazioni sociali. I suoi movimenti in risposta alla voce dell’adulto hanno l’effetto di incoraggiare chi gli parla. Il passaggio, più in là, dal balbettio (balbettamenti intenzionali intorno al 6° mese) al linguaggio vero e proprio (olofrase, intorno al 12° mese e frase semplice, intorno al 24° mese) dipenderà nel nostro piccolo non solo dallo sviluppo neurologico e dell’apparato fonetico, ma anche dagli incentivi e dall’esercizio.
Gli studiosi, infatti, parlano di fissazione del linguaggio nell’emisfero sinistro (sede del linguaggio) che dipende dallo sviluppo del vocabolario e non dall’età cronologica (A. Oliviero, 2008)

Siamo favorevoli alla lettura ad alta voce e la sosteniamo quando valorizziamo la produzione editoriale della gaia e prolifera letteratura contemporanea per bambini, ma a noi piace schierarci in modo particolare ed affettuoso alle filastrocche come suoni prediletti per la LAV (lettura ad alta voce) precoce.
Riconosciamo in Gianni Rodari l’autore massimo ed universale in fatto di rime. Il nostro Maestro probabilmente non ha scritto per i bambini prenatali in modo mirato, egli piuttosto ha scritto ai bambini di tutto il mondo e di tutte le età. Sta di fatto che le assonanze (ossia il ricorrere di vocali uguali, es. “io sono come loro in perpetuo volo…”) e le allitterazioni (che consistono nella ripetizione del suono iniziale di una parola nella parola successiva, es. andar per mari e monti.., mi illumino d’immenso) delle filastrocche e delle poesie in generale, giocano un ruolo basilare nello sviluppo e nelle abilità linguistiche in età prescolare (argomento che svilupperemo più in là).
Perché, quindi, non pensare a trasferire la stessa funzione della lettura ad alta voce anche all’età prenatale? Per intenderci, ritorniamo alla mamma sul divano di casa: sta leggendo la luna al guinzaglio o la luna bambina (da Filastrocche in cielo e in terra, G. Rodari, 1960) e culla le parole e se stessa al ritmo de La sinfonia dei Giocattoli di Mozart padre, nella stanza ora è presente anche il futuro papà anch’egli in ascolto e rapito….