Convinti che lo spirito materno derivi da un desiderio che a poco a poco bussa sempre più intensamente nel profondo del nostro essere; l’essere mamma è dunque qualcosa che va oltre la presenza di un bimbo/a da crescere. La strada biologica che porta alla maternità non sempre va a buon fine e, d’altra parte, ci sono tanti, troppi bambini ai quali non è garantita una famiglia, un luogo affettivo nel quale crescere e costruire le basi del proprio futuro.
Come sappiamo, l’adozione offre ancora oggi importanti opportunità per i bambini e per le famiglie, nonostante su questo argomento ci siano numerose questioni lasciate in sospeso, sia sul piano etico-valoriale, sia su quello pratico e burocratico.
Vi raccontiamo la storia di Chiara, mamma adottiva di una bambina speciale che, con il marito, ha fatto una scelta ben precisa, quella di tutelare una piccola vita.
L’intervista è di Marzia Colace, pedagogista con mansione di giudice onorario del Tribunale per i Minorenni, la quale si interessa da tempo di accoglienza dei minori in adozione.
Nel testo riportato sono stati utilizzati nomi di fantasia per garantire la privacy delle persone coinvolte.
INTRODUZIONE
Sofia sta facendo merenda guardando divertita il cartone animato Marsha e Orso. A un certo punto, dalla sua sediolina, si dirige verso il tappeto con i giochi. Ogni suo spostamento è seguito dallo sguardo vigile di Chiara. Chiara, la mamma di Sofia, si è sposata con Pietro nel 2003. Immaginavano di diventare presto genitori ma così non è stato.
Cinque inseminazioni intrauterine e tre inseminazioni artificiali che purtroppo non si sono concluse con una nascita. All’ultima di queste, la più dolorosa, è seguito un ricovero all’ospedale.
Intanto Pietro stava considerando un modo diverso per diventare genitore.
Adottare era per lui una strada dignitosa oltre che il modo più puro con il quale poter donare una famiglia a un bimbo che ne è stato privato.
Gradualmente si è convinta anche Chiara e i due hanno depositato a loro disponibilità di adozione nazionale.
Alle dimissioni dall’ospedale, Chiara e Pietro si sono recati presso il Tribunale per i Minorenni per ricevere la lista dei documenti richiesti per il deposito dell’istanza di adozione. Una lista lunga e complicata che non li ha scoraggiati e che sono riusciti a completare e consegnare in tempi brevi alla Cancelleria Adozioni.
Partecipare ai corsi di informazione e di formazione tenuti in Tribunale è stato un percorso importante. Una preparazione che serve per capire e prendere reale coscienza di chi sia un bambino da adottare, di cosa ha in sé il concetto di adottabilità(*) e, in particolare, di cosa implichi un rischio giuridico (**). Chiara e Pietro, forti di questa esperienza, hanno affrontato l’indagine psicosociale condotta dai servizi territoriali con atteggiamento sereno e speranzoso.
Trascorso un anno, il Tribunale li ha contattati per un’udienza di comparazione. Chiara e Pietro sono stati selezionati tra altri per la loro disponibilità ad accogliere il rischio giuridico e un minore diversamente abile. Pochissime le coppie per quella comparazione, forse tre, sicuramente una.
Accettare un bambino con una disabilità grave significa considerare se stessi una famiglia pronta ad andare al di là di sé, ad aprirsi ad un’ esperienza diversa e ad imparare a fare i genitori di qualcuno le cui radici biologiche non stanno lì a casa loro, bensì altrove, in un luogo in cui un giorno, forse, il bambino potrà andare, vorrà andare, ha comunque il diritto di poter andare. E loro genitori adottivi in quel momento storico, hanno il dovere di accompagnarlo (art. 28 L. 184/83). È un diritto che hanno tutti i minori adottati, ma forse in un caso come questo tale diritto assume una versione – come dire – speciale.
È la stessa Chiara che me lo ha raccontato.
INTERVISTA ALLA MAMMA
Cosa è accaduto in Tribunale dopo la convocazione per la comparazione?
I giudici ci hanno presentato il caso di Sofia (“special need”) (***) , una bimba di quattro mesi affetta da sindrome di Down che era in ospedale da troppo tempo in attesa di essere collocata in una famiglia adeguata, scelta dal Tribunale fra le coppie aspiranti adottive, per ricevere le giuste e dovute cure parentali.
Io e mio marito abbiamo subito accettato senza apparente entusiasmo e senza esplicitarlo chiaramente. I giudici ci hanno fatto riflettere e ci siamo allontanati dall’aula. Io ho trascorso il tempo di riflessione non tanto a discutere con Pietro, con cui eravamo felicissimi di accettare perché era già preventivato qualsiasi rischio.
Ma ho cominciato a telefonare a tutti! Dalla mia mamma alle mie sorelle e cognate per prepararle alla novità e per farmi dire cosa avrei dovuto acquistare subito prima di raggiungere Sofia in ospedale e poterla portare con noi a casa con l’occorrente sufficiente.
Siamo rientrati in aula e con le lacrime agli occhi abbiamo dato il consenso e la piena disponibilità ad accogliere la piccola Sofia.
Come avete vissuto il rischio giuridico?
Non c’è stato realmente tempo di vivere il rischio giuridico. Sapevamo benissimo che la mamma avrebbe potuto ripensarci o che Sofia avrebbe potuto essere reclamata dai parenti, ma noi eravamo alle prese con la nostra piccola che accusava alcune patologie alle quali dovevamo porre rimedio. Infatti, la cartella clinica che Sofia aveva a corredo con sé alle dimissione dall’ospedale, parlava di ipocusia e di una irregolarità al muscolo cardiaco che avrebbe dovuto essere controllata costantemente al fine di programmare un intervento in un ospedale specialistico in una città diversa dalla nostra di residenza. C’era Sofia che aveva bisogno di noi ed il rischio giuridico è passato in secondo piano.
Il senso materno si costruisce attraverso la relazione con il bimbo. Cosa ha minato nel tuo caso tale costruzione e cosa, al contrario, lo ha rafforzato?
La prima pediatra scelta ha minato il mio iniziale senso di sicurezza nel relazionarmi a Sofia e alle sue patologie. Avevo intorno a me ottime risorse familiari che mi consigliavano le giuste cure e che mi facevano porre le giuste domande. Ma ad un malessere di Sofia al quale la pediatra non ha voluto fronteggiare con la terapia antibiotica, facendo trascorrere troppo tempo fino al peggioramento dello stato di salute della piccola, la dottoressa ha inveito contro di me senza addossarsi alcuna responsabilità, tacciandomi di madre irresponsabile e minacciandomi di scrivere al Tribunale. Mi sono spaventata ed ho chiesto consiglio al tutore provvisorio di Sofia – nominato dal Tribunale – il quale mi ha consigliato di cambiare pediatra. La nuova pediatra mi fa sentire madre a tutti gli effetti. Mi ascolta e lo fa empaticamente, come fa proprio con Sofia!
Ciò che rafforza il mio senso materno è Sofia che mi guarda, mi chiede aiuto, mi sorride e mi bacia ripagandomi di tutto. È lei che mi regala tutto con il suo modo di fare, anche la forza di esserle madre.
Intorno a me tutti si meravigliavano di come potesse essere stata abbandonata una bimba così bella. Io, a queste parole di giudizio nei confronti di chi ha generato Sofia, ho sempre risposto in modo convinto che devo ringraziare la mamma di Sofia, per sempre. E’ lei che mi ha permesso di diventare mamma.
Sofia ha bisogno di tante cure costanti e sempre più specialistiche. Ora è vostra figlia a tutti gli effetti di legge, ha compiuto due anni e mezzo ma la sua crescita non segue i ritmi cosiddetti "normali". Il livello di motivazione a impegnarsi totalmente ha subito modifiche nell’intensità?
La sera sono stanca, ma non per lei (Chiara sorride) perché il mio lavoro fuori casa, ora part-time, mi distrae da lei, ma lo devo fare, si capisce!
Non mi stanco mai di portar Sofia alle sedute di psicomotricità, di logopedia ed in piscina. Fra un po’ di tempo al compimento dei tre anni frequenterà anche le attività dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) alla quale ci siamo associati, mentre per quanto riguarda il nido per il momento per noi è un luogo interdetto ma solo perché crogiuolo di virus.
Ho provato spesso a portare mia figlia al nido ma la sua salute, in particolare in inverno, è veramente cagionevole. Sono stati più i giorni a casa che di presenza al nido. Andrà alla scuola dell’infanzia comunale, questo sì, e speriamo che si fortifichi di più (prende in braccio Sofia e mi mostra le cosciotti che, dice la mamma, sono morbide e piene) dopo l’intervento chirurgico si sta riprendendo! Sta mettendo finalmente un po’ di carne addosso, per fortuna.
Quale sono le vostre aspettative come genitori? Come state preparando il futuro di Sofia?
Sofia farà cose grandi e ci darà tanto, ci darà grandi cose.
Quando io, mio marito e Sofia andiamo a passeggio, credo che le persone che non apprezzano la diversità di Sofia e mi restituiscono sguardi di compassione forzata, dovrebbero al contrario avvicinarsi e donare a Sofia una parolina o una carezza.
Dovrebbero subito dopo aspettare la risposta della mia bambina e vedere come e quanto sarebbero ripagati! Un sorriso di Sofia dona il mondo! Approvo d’altro canto chi si rivolge alla bambina e l’accoglie con un sorriso. Si fa così con i bambini, vero? Con tutti i bambini.
Al momento io e Pietro stiamo pensando di donare a Sofia un fratellino o una sorellina. Abbiamo depositato altra istanza in Tribunale e naturalmente siamo pronti al rischio giuridico e alla disabilità. Per noi questo è il significato dell’adozione.
Note e approfondimenti: L’adozione nazionale è regolata dalla Legge 4 maggio 1983 n.184 e dalla legge 149/2001. L’organo istituzionale preposto ad accogliere le domande di adozione nazionale è il Tribunale per i Minorenni del distretto di residenza e/o di altri distretti.(*) Lo stato di adottabilità è l’estrema soluzione per evitare una situazione di difficoltà e di abbandono dopo aver tentato tutto il possibile per il mantenimento del bambino nella sua famiglia.(**) Per rischio giuridico si intende la possibilità che il bambino durante il periodo iniziale (affido provvisorio) possa ritornare alla famiglia di origine, oppure ai parenti, entro il quarto grado. Può accadere che il genitore, inizialmente abbandonico, possa avere un ripensamento. anche nel caso in cui non emerga una famiglia biologica che si oppone alla dichiarazione dello stato di adottabilità, la Convenzione di Strasburgo (24.04.1967 - l.22/5/1974 N. 357) in merito all’istituto dell'adozione richiede in ogni caso di attendere sei settimane prima di dichiarare lo stato di adottabilità, proprio in considerazione della possibilità di ripensamento dei genitori biologici.(***) Il concetto di disabilità sostituisce il termine handicap (la classificazione dello stato di salute ICF - International Classification of Functioning - è subentrata all'ICIDH - International Classification of Impairments Disabilities and Handicap). Quest'ultimo si limita al semplice ambito della disabilità strutturale, l'ICF descrive invece i gradi di funzionalità delle strutture fisiche e psichiche partendo dall'interazione di diversi fattori. La disabilità stessa, quindi, è vista in senso dinamico perché non è dipendente dagli stati patologici cronici, ma anche dai fattori psichici e sociali. Rientrano in questa categorie i bambini con bisogni speciali (disabilità fisiche, psichiche, con malattie rilevanti) e con bisogni particolari (previsione di recupero, problemi di comportamento, traumi ripetuti, pluritraumi), i bambini di età superiore ai 7 anni, i bambini appartenenti a fratria).